NAPOLI. Saranno lunedì mattina dal giudice e solo allora avranno la possibilità, se vorranno, di spiegare per quale motivo hanno organizzato una maxitruffa ai danni delle assicurazioni violando le norme e ogni regola deontologica. Si tratta dei 18 avvocati accusati di essere al centro dell’inchiesta che tre giorni fa ha sgominato la holding delle truffe assicurative. 
C’era il procacciatore di “danni”, ovvero di sinistri stradali. Quello che si occupava di reclutare i testimoni che avrebbero dovuto raccontare al giudice di essere stati presenti al momento dell’incidente. Chi invece era in contatto con chi poteva reperire false perizie di danni arrecati alle vetture. E così, nel giro di poche ore la truffa era bella e confezionata. Un sistema che appariva quasi perfetto se non fosse stato che le compagnie assicurative che versavano migliaia e migliaia di euro non hanno studiato per bene quei fascicoli e hanno scoperto con i loro “007” che molti dei testimoni erano sempre gli stessi, che gli avvocati erano sempre gli stessi, che le richieste di danni erano uguali ad altre richieste e sempre di 3.035 euro e 33 centesimi. C’era uno scooter Sh che aveva subito non meno di otto incidenti. Poi come se non bastasse anche l’Ordine degli Avvocati di Napoli aveva avuto segnalazioni da altri professionisti di come lavoravano alcuni dei loro colleghi. E così le forze dell’ordine hanno ricostruito passaggio dopo passaggio i sinistri sospetti. Oltre cento. Al centro della maxitruffa alle compagnie assicurative c’erano gli avvocati: 18 in tutto finiti agli arresti domiciliari. Attraverso i loro studi legali svolgevano il ruolo di “collettore”. 
Diciannove le misure agli arresti domiciliari, sette in carcere. I restanti provvedimenti notificati sono tutti obblighi di dimora. Sono state intercettate ben 2800 pratiche delle quali 2200 già in avanzato stato di gestione. Secondo una stima la truffa sarebbe quantificata in diversi milioni di euro. I capi e i promotori della truffa erano i fratelli Vincenzo e Umberto Cocozza, con il supporto di Marco Megna. Erano loro che reperivano le persone che dovevano testimoniare. Tra loro c’erano cinque recordman: soggetti che hanno attestato di essere stati presenti a non meno di sei sinistri ognuno. Si tratta di Rosario Amato e Massimo Colamarino che sono citati in più capi di imputazione. C’è un altro particolare e riguarda due fratelli: Adrian e Charlene Sciberras. Sono loro i commercialisti del gruppo. Lavorano entrambi per la Banca di Malta e negoziavano gli assegni circolari emessi in favore delle false vittime di incidenti stradali che non ricevevano quei soldi che invece venivano girati ai componenti dell’associazione e in particolare a Vincenzo Cocozza e alle società che aveva costituito.