di Carlo Ferrajuolo

NAPOLI. Gigi D’Alessio si è ripreso la sua Napoli con un doppio concerto (il 26 e il 27) al Palapartenope dal titolo “Napulitanata”. Un live che per il cantautore è stato un modo per incontrare il suo pubblico partenopeo in quello che per lui sta diventando un appuntamento fisso nelle feste natalizie. 

Come hai pensato al titolo, è un omaggio alla tua città e ai tuoi fan? 
«Dopo il Natale in famiglia, ho pensato di passare il 26 e 27 dicembre al Palapartenope insieme ai miei fan, la mia famiglia più grande! Sono stati due eventi speciali, non un tour, per il piacere di stare insieme come solo a Napoli sappiamo fare. È piaciuta l’idea? Un’idea molto carnale direi. La scaletta è stata totalmente diversa da tutto quello che ho fatto quest’anno in tournée». 
Senza dubbio si può considerare un grande evento...
«Beh, è un concerto in cui sono partito dal 1992 riportando in scena le mie prime canzoni, i miei primi successi. Le sorprese sono quelle canzoni che non canto da tanto tempo e che comunque hanno un posto speciale nel cuore del pubblico. Quelle canzoni in lingua napoletana che vivono nell’anima di diverse generazioni. Napoli è mia madre che mi aspetta a braccia aperte, ogni qualvolta ci ritorno, mi ci si apre il cuore. Il cervello rincorre ricordi, angoli di gioventù, ripasso nel mio quartiere Cavalleggeri d’Aosta a trovare i miei parenti. Gli odori di Napoli e il cibo di questa città non li trovi da nessuna parte. Come fai a non amarla?? Una città invidiata proprio perché ha qualcosa di speciale, di fiabesco, di mistico di irraggiungibile per altre città del mondo». 
Come hai trovato Napoli? Il sindaco ha operato bene per la città? 
«Certamente Luigi de Magistris ha raccolto un’eredità difficile, a Napoli si parlava del problema della spazzatura, del turismo che non c’era, dei musei chiusi. Il centro storico è rinato, il sindaco ha aperto porte e portoni chiusi, ha rilanciato il turismo, i dati gli danno ragione. Sì può e si deve fare ancora tantissimo. Bagnoli può diventare un punto turistico importante, via Caracciolo uno dei lungomare più belli d’Europa, Scampia e le periferie sono in evoluzione. Costruire un palazzetto della musica non sarebbe una cattiva idea, un museo della canzone napoletana, ricordare Caruso com’è ricordato in America, c’è molto da fare, ma siamo sulla strada giusta. Incrociamo le dita». 
Napoli città particolare, come il suo popolo...
«Napoli è una città che emana un’energia sotterranea incredibile. Ho cominciato ad amarla con i dischi di Carosone e di Mario Merola. Due artisti-personaggi che sapevano fare tutto: teatro, cantare, guidare un gruppo, interpretare grandi canzoni ed essere anche delle persone serie, artisti di cuore, core napulitane».
Si parla della canzone napoletana come patrimonio dell’Unesco: cosa ne pensi? 
«È un traguardo importante da raggiungere, sono le nostre radici culturali. È cantata è riconosciuta negli Stati Uniti d’America, in Russia, Australia, Germania, Giappone e in ogni paese del mondo. È stata cantata da tutti, Pavarotti, Carreras e Domingo hanno avuto successo all’estero con le nostre canzoni. Lo stesso Elvis Presley, Ray Charles, Frank Sinatra e tanti altri. Poi noi napoletani siano fortunati, siano nati bilingue, me lo ricordava sempre il mio amico Lucio Dalla, che amava Napoli più della sua città. Anche con Pino Daniele parlavamo del potenziale di questa terra, l’energia compressa che emana in ogni quartiere». 
Novita nel prossimo futuro?

«Non vado in tour, non sono in sala di registrazione per oreparare un nuovo disco. Leggo e mi diverto come molti tuoi colleghi commentano questa mia grande amicizia con Nino D’Angelo. Quello che posso dire è che il 21 giugno farò un grande evento nella mia città».