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“No” al trasformismo con un emendamento

Opinionista: 

Date le finalità della riforma del governo Renzi non c’era alcuna ragione di riscrivere l’articolo 67 della Costituzione. Il ministro Maria Elena Boschi, evidentemente ignara del dibattito degli ultimi cinquant’anni sui guasti prodotti da questo articolo nella politica italiana, ha voluto riscriverlo con l’articolo 8 per confermare che “I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato”. Penso che la giovane ministra avrebbe dovuto seriamente riflettere sul vergognoso fenomeno del “trasformismo”, ossia il frequente passaggio dei parlamentari da un gruppo all’altro, largamente praticato nel Parlamento italiano, sia quello monarchico che quello repubblicano. Mi limito, per brevità, a ricordarle che il 21 ottobre 1998 i parlamentari di Clemente Mastella lasciarono la CdL di Silvio Berlusconi per favorire la nascita del governo di centrosinistra di Massimo D’Alema. E nessun pm sospettò che questa operazione avesse aspetti corruttivi. Li denunciò e parlò di “mercato delle vacche” Antonio Di Pietro quando il 14 dicembre 2010 la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni contro il governo Berlusconi venne respinta per 8 voti. Risultarono determinanti i voti contrari alla mozione dei deputati finiani Catone, Siliquini e Polidori e dei deputati dipietristi Scilipoti, Cesario, Calearo e Razzi. Questo andazzo è praticato ancora oggi visto che ben 336 parlamentari hanno cambiato “casacca” dal febbraio 2013 ad oggi. Tant’è che l’attuale Parlamento è radicalmente diverso da quello uscito dalle urne di tre anni fa. Tra i gruppi parlamentari dalle denominazioni stravaganti creati dai “voltagabbana” (Gal, Civici e Innovatori, Area Popolare, Alternativa Libera e Possibile, Conservatori e Riformisti, Usei-Idea…) spicca il gruppo dei 3 senatori di Scci-Maie, acronimo di Scelta Civica Cittadini per l’Italia - Movimento Associativo Italiani all’estero. Ci sarebbe da ridere se questi deliri non comportassero uno sperpero di denaro pubblico. Naturale che venga da pensare ai Repubblicani e ai Democratici americani, due soli partiti al 1776. Nel corso della memorabile Festa dell’Unità del settembre 1976 Giorgio Amendola, convinto sostenitore del vincolo di mandato assieme a Togliatti, Marchesi, Terracini, Scoccimarro, Pajetta, organizzò un convegno sull’articolo 67. E disse che fu per dare la fiducia al governo di Agostino Depretis che nel 1881 alcuni parlamentari della Destra passarono alla Sinistra “non per motivi di idee e di programmi ma in cambio di favori personali”. E fu allora che nacque il “trasformismo”, un fenomeno inverecondo sconosciuto nei Parlamenti di tutto il mondo. E lesse questo passaggio del libro sui discorsi di Stalin “C’è un paese capitalista in cui il deputato si sente completamente libero, indipendente dal popolo, dai suoi elettori, può passare da un campo all’altro, può persino impegolarsi in macchinazioni poco pulite, può far capriole (…). La Costituzione sovietica non consente tutto ciò perché gli elettori hanno il diritto di richiamare al suo dovere il deputato che devia dal mandato che gli hanno affidato e di farlo dimettere e di mandarlo a casa”. A parte i fondati dubbi che i deputati sovietici potessero dissentire dalle direttive del Pcus resta il fatto che solo nel nostro Parlamento (Stalin deve averlo appreso dai compagni del Pci, che, in sede di Costituente, erano contro l’articolo 67) si verifica il “passaggio da un campo all’altro”, vergognoso, inverecondo, deplorevole, immorale. Per colpa dei nostri padri costituenti che, anzicchè preoccuparsi di impedirlo, hanno favorito e legittimato il “trasformismo” con l’articolo 67 della Costituzione. E per colpa del ministro Boschi che l’ha confermato con l’articolo 8 della riforma costituzionale, sottoposta al referendum del 4 dicembre. Ma a tutto c’è rimedio. Basterà riscrivere questo scellerato articolo: “I deputati e i senatori non possono cambiare i gruppi parlamentari dei partiti con i quali sono stati eletti. Possono farlo solo dimettendosi da parlamentari”. Come avviene in tutti i Parlamenti del mondo.