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Abbagli toponomastici dai seni di Milano a Totò

Opinionista: 

Tralasciamo oggi di seguire le “baruffe chiozzotte” tra “Elly Spocchia e Giuseppy Spot”, da ripicche, gelosie e risentimenti non di trame goldoniane ma elettoralistiche, per calarci nelle gigantesche cantonate odierne e passate, concepite da alcune Commissioni per la toponomastica.  Che si viva in tempi difficili, puntigliosi, lo si sa da molto tempo in qua. Era inimmaginabile però che si potesse arrivare a una permanente gara a complicare le cose, anche quando ci si attenderebbe un miglior consiglio. Di recente ha fatto scalpore a Milano, ma anche nel Paese, la bocciatura da parte di un “pool” di esperti del Comune meneghino del dono che i figli della scultrice Vera Omodeo erano intenzionati a fare alla città con una significativa opera della loro madre. Tutto pareva andare per il verso giusto, quando, all’improvviso, c’è stato invece il “pollice verso”. Secondo il parere dei tecnici, l’opera di bronzo dal titolo “Dal latte materno veniale”, raffigurante una donna che allatta, non può essere collocata nella piazza Eleonora Duse come da esplicita richiesta dei donatori: “La statua rappresenta valori certamente rispettabilissimi non condivisibili universalmente da tutte le cittadine e le cittadine”. Al di là di “universalmente”, un avverbio di troppo, tutto da verificare, la domanda da porsi è questa: una commissione comunale che sovraintende ai criteri selettivi, nel campo della toponomastica, può snaturare il messaggio di un’opera d’arte?Che, secondo Van Gogh, e tantissimi altri grandi “non rappresenta ma esprime”? Fino a vietarne la esposizione in pubblico per una censura di inaccettabile moralismo oscurantista? Se dovessero prevalere criteri valutativi del genere: dalla Venere di Milo all’Origine del Mondo di Gustave Courbet, alla “Libertà che guida il popolo” di Eugéne Delacroix, raffigurata da una donna dai seni debordanti su una veste scollacciata, tutto finirebbe, se non al rogo, nei sotterranei dei musei. Non si è ancora spento l’eco della infelice valutazione di Milano, e, a Napoli, scoppia la “querelle” su un temuto “sconfinamento” del toponimo per un insigne giurista nel “recinto stradale” cittadino, riservato agli artisti. Opporsi naturalmente non poteva non essere che la suprema e irriducibile sentinella del decoro urbano e delle sue compatibilità, il prof. ing. Raffaele Aragona, che ha invitato la Commissione Speciale ad aver rispetto del contesto di un quartiere del Vomero, dal ricamo di strade e piazze, intitolate a grandi nomi del mondo dell’arte nelle sue varie espressioni.”E un’intrusione”precisa il prof. Aragona e aggiunge in una lettera aperta alla città “sarebbe più giusto cercare in altro luogo una strada da intitolare al predetto, e per ora semplicemente più giusto da apporre sulla facciata dell’edificio che ospitava il suo studio”. Non come un ripiego, ma un appropriato, significativo e comunque duraturo segnale per scoraggiare in futuro incursioni del genere. Alle corte: “In sostituzione di Vicoletto Cimarosa”, il compositore guarda caso , che diede notevole impulso all’opera buffa potrà esserci solo il toponimo di un altro artista. Poiché a Napoli, si sa,non solo gli esami, ma anche le “sorprese” non finiscono mai, ne vogliamo ricordare opportunamente una, molto stagionata, poco conosciuta e inquietante, sugli abbagli della toponomastica di casa. La riferisce Luciano De Crescenzo nel suo lontano e popolare saggio del 1988: “Storia della filosofia greca: da Socrate in poi”, in cui si racconta del monumento a Totò nella villa comunale di Napoli che non venne eretto, perché non ebbe l’ultimo benestare dalla Commissione edilizia. “Malgrado il consenso popolare e il bozzetto già approvato in sede di progetto scrive De Crescenzo la Commissione ha negato la posa del monumento, con la seguente motivazione: udite! udite! “L’opera costituisce una turbativa a un paesaggio consolidato storicamente, in particolare, si considera antiestetico l’accostamento con altre statue”. Ad essere precisi giova sottolineare ”Tre statue e quattordici busti tra filosofi, storici, letterari non certo degli Adoni per ritenere l’accostamento di Totò anti estetico, un gigante di sicuro a fronte i “bellimbusti” della Commissione del tempo. Il grande Luciano , sapendo bene, che quel verdetto, assurdo, non sarebbe stato mai preso in considerazione dai napoletani, ne volle indicare la fonte per saperne di più (Il Mattino del 2 agosto 1986 pag 19).