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Avversari pericolosi, attenti alla sindrome dell’accerchiamento

Opinionista: 

Attenzione attenzione, il ciuccio cammina sul filo, non essendo un equilibrista provetto il rischio è che metta un piede in fallo e finisca col sedere per terra. Il rischio incombe. La disgraziatissima trasferta di Udine è stata uno spartiacque, ha cambiato prospettive: la debacle del Friuli, per quanto brutta e inattesa, non è stata solo fine a se stessa; ha minato le non troppe certezze, la famosa squalifica di Higuaìn e le altre hanno infilato nella macchina azzurra - che andava quasi col pilota automatico - il granellino che potrebbe far andare in tilt tutto il meccanismo. Potrebbe, la sensazione è che ora come ora il Napoli sia appunto sospeso: domani la partita col Verona, da che era formalità o quasi, diventa così persino delicata. Anche senza Higuaìn non ci sarebbe stata storia, ancestrale odio sportivo a parte (sì, sono i veronesi di “Giuletta è ‘na zoccola”) c’è una categoria di differenza. Ma… Ma i ‘ma’ sono diventati all’improvviso tanti. Incombe, latente, la sindrome dell’accerchiamento: c’è la sede di Castelvolturno che è diventata bunker, c’è il silenzio stampa, spuntano nemici (veri o presunti) da ogni cespuglio, da ogni giacchetta nera, da ogni fischietto. E così tra sindrome dell’accerchiamento e stanchezza per aver giocato finora una grandissima stagione - rendimento del 110% - gli azzurri al momento sembrano appunto camminare sul filo: ci vuol poco o niente a precipitare e farsi male, a partire dalla sfida di domani che proprio per questo è diventata se non difficile, almeno delicata. Molto delicata. Parentesi dedicata al direttore di gara: il barese Domenico Celi per l’Aia è fischietto di totale affidamento. 40enne pacato, esperto, uno che ne ha viste e vissute millanta che tutta notte canta. Però una sorta di mancata promessa, ormai sulla via del tramonto agonistico. Ma la partita, maschere di Higuaìn sugli spalti e cori a parte, sulla carta non dovrebbe essere di difficile lettura tecnica. Gli ‘amici’ (…) veronesi sugli spalti del San Paolo saranno in tanti, perché la vecchia rivalità non s’è spenta, anzi. E contro di loro - che “se la chiamano,” diciamo - le Forze dell’Ordine temono che agli ultrà azzurri potrebbe venir voglia di scaricare la tensione e la rabbia accumulatasi dopo Udine, appunto, dopo aver capito che la rimonta alla Juve diventa ogni domenica più complicata, dopo aver capito che il solo secondo posto con quella Roma così lanciata, è diventato da difendere strenuamente. Cosa fare, allora? Compattarsi con i 45mila del San Paolo che venendo in tanti per una partita con l’ultima in classifica dimostrano che hanno capito che ora come ora è il momento di star vicini alla squadra convalescente, di fare corpo unico tifosi/giocatori, che le difficoltà così si combattono meglio. Stavolta la corsa a due con la Juve crediamo sia saggio metterla in secondo piano. Viene dopo, prima c’è da controllare la febbre del malatino azzurro; poi, se si rimette, si può buttar via il termometro e ripartire. Ma saggezza impone: meglio andarci cauti, si sà…