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Befana del Governatore per “turismo&cottura”

Opinionista: 

Da quando Vincenzo De Luca è il Governatore della Campania, la Befana non arriva più nella notte tra il 5 e il 6 gennaio ma slitta di sei mesi: a giugno. A differenza della tradizionale vecchietta con la scopa e un sacco di regali, quella “targata De Luca” è la festa degli “oboli” per la promozione del “turismo e della cultura”, che sarebbe meglio dire della “cottura”. Per entrare subito in tema: la formula delle sagre, cui è destinata una “Befana fuori stagione” soprattutto in Campania, è ormai superata, impigrisce i destinatari-sindaci, le “Pro loco” e “compagnia contante”, va innovata. Le “abbuffate estive”, per come si sono ridotte, involgarite, non possono più essere considerate vettori di un serio rilancio dei borghi ma piuttosto del “Caffè borghetto”. Per carità, nessuno si sogna di metterle in discussione, di penalizzare i vacanzieri, amanti delle nostre terre, dei nostri mari e dei “nostri menu” c’è però tanta voglia di vederle arricchite da auspicabili apporti attrattivi. Sono gli stessi turisti, innamorati pazzi dei luoghi frequentati d’estate, a chiederlo con forza. Oltre ai piatti tipici - dai “cavatielli al castrato” e a molte altre golosità - è arrivato il tempo di promuoverle con sostanziosi programmi collaterali di varia umanità: valorizzando preferibilmente creatività locali o attingendo a quei filoni territoriali popolari, spesso ispiratori di opere di successo nazionale. Millenni addietro il felice abbinamento - cibo più spettacolo - fu la fortuna delle famose “Favole Atellane”, antesignane remotissime, nell’agricola “Campania felix”, della Commedia dell’arte, di tante buffe maschere ancora attuali. La “Befana di De Luca” cerchi, (con la preziosa, lungimirante consulenza dell’assessore al ramo e alle… radici Matera), di andare oltre uno stantìo “Fast Food”. I nostri presidi regionali, addetti a selezionare e a erogare fondi, dovrebbero riservare più attenzione alle nuove sensibilità delle realtà locali. Se si vuole sul serio trattenere il turista in loco, incuriosirlo nel modo più utile e rispettoso, e non ridurre sempre e tutto a bevute, a “ubriacature” con pile di vuoti all’alba per vicoli e piazzette, occorre rendere le serate meno noiose. Agli inizi degli anni Settanta ci fu alla Regione Campania, appena nata, uno straordinario assessore al Turismo, Roberto Virtuoso, padre del Festival di Giffoni, che, con la formula dei circuiti estivi culturali, rese molto vivace l’estate anche nei centri più remoti della nostra regione. Altra cultura. Oggi purtroppo ad ogni inizio dell’anno si preannunciano svolte epocali in direzione di una “cultura della creatività” salvo poi rimangiarsi tutto, rassegnandosi a quel neghittoso, tradizionale bollettino di spettacolari “ribollite”. Si era detto che a un tempo della sciatteria sarebbe seguito un secondo “tempo” della fantasia. Spiace dirlo: non siamo “nemmeno in campo”. Si provino a contenere i costi di taluni “carrozzoni festivalieri” clonati e “pigliatutto”, con parate di nomi, che possono soddisfare solo un provincialismo di angusta rivalsa. Ricordava di recente Giuseppe De Rita, insospettabile studioso, che le civiltà, i borghi dell’Appennino meritano ben altro che effimere “kermesse”.