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Benvenuti a Napoli, periferia del Paese

Opinionista: 

C’era una volta il sondaggio, la capacità di interpretare, fino alla fine, gli umori della gente, individuando, soprattutto nelle aree metropolitane più ristrette, il candidato sindaco che scalava la classifica. Adesso, i soldi dei partiti sono finiti da tempo, gli stessi quotidiani marciano con crescenti difficoltà, nelle ultime settimane non si può pubblicare nulla e anche le società di sondaggi riducono naturalmente il loro spazio vitale. In questa volata finale, gli unici aruspici sono rimasti, ormai, il gruppo che lavora per Palazzo Chigi e quello della Ghisleri, il resto appare repentinamente scomparso. Fatto salvo quanto pubblicato nelle ultime settimane, ancora visionabile su internet, si ha, comunque, la sensazione che la situazione elettorale a Napoli non sia granché cambiata e che la città si avvii stancamente verso il traguardo del 5 giugno. I segnali di questa disaffezione verso la capitale del Mezzogiorno appaiono, infatti, sempre più espliciti. La punta dell’ iceberg, il mancato arrivo del presidente Renzi che, contrariamente a quanto fatto a Roma con Giachetti, ha preferito disertare l’appuntamento partenopeo. Da queste parti è stato inviato in tutta fretta Ernesto Carbone, un autorevole parlamentare renziano che, naturalmente, non ha certamente l’appeal del segretario del Pd. Ma perché questa scelta? Come mai il leader toscano non ha inteso metterci la faccia in una città in cui il suo partito ha ancora bisogno di recuperare se vuole seriamente arrivare al ballottaggio? Le risposte sono semplici. Renzi conosce benissimo le difficoltà del Pd a Napoli, la lunga rissa con Bassolino, l’eterna necessità di recuperare nei sondaggi. Ma il timore di una sconfitta lo tiene lontano dalla Campania. Più volte, in questi giorni, ha ripetuto che le amministrative non possono e non debbono rappresentare un test per il Governo. Una chiara volontà di dividere le proprie responsabilità da quanto potrebbe succedere domenica prossima. E Napoli costituisce uno dei nervi più scoperti nella campagna elettorale del Pd. Meglio, quindi, in questa fase, andare oltre. Meglio puntare le proprie fiches sul tavolo verde del Referendum, meglio giocare lì l’intera posta, mettendo solo allora in campo l’ artiglieria pesante. Per arrivare a quel risultato, si stanno progressivamente accendendo molti fornelli che porteranno a cottura, in autunno, temi delicatissimi quali l’uscita pensionistica anticipata, un aumento delle pensioni minime, altre prevedibili estensioni della legge sulle unioni civili. Se questo governo salverà la pelle col Referendum costituzionale, potrà andare avanti e portare a compimento queste delicate materie. In caso contrario, Renzi ha già annunciato che staccherà la spina e ognuno si dovrà arrangiare come crede. Per disinnescare il pericolo di una rovinosa slavina, comunque, i 5 Stelle si sono già mossi. Luigi Di Maio ha già dichiarato che, comunque vadano le cose, non chiederanno le dimissioni di Renzi. Una dichiarazione che molti giornali hanno erroneamente sottovalutato. La partita a scacchi sul Referendum è già iniziata. E la sensazione che Napoli, in questo contesto, resti, fuori dal dibattito nazionale, periferia del Paese appare, purtroppo, più di una semplice impressione.