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Bisogna isolare le regioni infette

Opinionista: 

Il caso del magistrato napoletano che se ne è andato un weekend in Lombardia e poi è tornato tranquillamente al lavoro lunedì, mettendo a rischio centinaia di persone, deve indurci ad alcune riflessioni. Intendiamoci: il magistrato, a parere di chi scrive, ha commesso una idiozia, ma dal suo punto di vista non ha nulla da rimproverarsi perché nessuna norma gli vietava il comportamento che ha avuto. E sono stati tantissimi i casi simili nelle ultime settimane. Partiamo dunque da un dato statistico, ovvero da un fatto, non un’opinione: tutti i casi di Coronavirus registrati in Italia partono da tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto (3.356 contagi solo in queste tre regioni, contro i 502 contagi complessivi delle altre diciassette regioni italiane). Da queste tre sole regioni il virus si sta propagando in tutta Italia. Prima considerazione: ci sono evidenti responsabilità degli inetti amministratori locali di quelle regioni prima nel far scoppiare violenti focolai, addirittura in un ospedale, poi nel non voler prendere subito misure draconiane. Non lo hanno fatto perché hanno preferito proteggere la propria economia e  il proprio malinteso e stupido senso di “orgoglio padano”. È chiaro a tutti, e dovrebbe esserlo già da tempo, che il falso mito dell’efficientismo settentrionale è una favola per bambini scemi, e chi continua a raccontarla o è in malafede o è un imbecille. Seconda considerazione: isolare delle piccole aree considerate “rosse”, come il Lodigiano, è stata una misura a dir poco inefficace, un palliativo tanto per far vedere che qualcosa si faceva. La provincia di Lodi è strettamente concatenata alle province circostanti in un’unica area fitta di scambi quotidiani: Crema, Piacenza, Cremona, Pavia, fino a Milano e Bergamo (provincia quest’ultima che ha avuto quasi lo stesso numero di contagi della provincia di Lodi), non sono separabili dal Lodigiano. E infatti l’epidemia si è estesa a macchia d’olio. Ma il Governo centrale è succube degli isterismi di qualche governatore del Nord e del suo elettorato becero (lo si è visto quando il premieruccio Conte, in un sorprendente scatto di virilità, ha detto quello che tutti pensavano su quanto accaduto nell’ospedale di Codogno: apriti cielo, lesa maestà, prontissime scuse e distinguo): per questo non hanno avuto le palle di chiudere tutte e tre le regioni infette, isolandole con un drastico cordone sanitario. Se questo fosse stato fatto, ora il Coronavirus non girerebbe pressoché indisturbato in tutto il Paese. Terza considerazione: in questo scenario di incapacità amministrative e tragiche debolezze dei nostri “politici”, il sistema sanitario e amministrativo del Centro e del Sud del Paese, isole comprese, ha dimostrato un encomiabile grado di sangue freddo, di capacità di reazione e di efficienza: è questo il motivo per cui, nonostante i continui viaggi di persone infette da Nord a Sud, nelle regioni centromeridionali ancora si riesce a contenere l’epidemia. Ma ancora per quanto, se continua così? Bisogna immediatamente isolare i tre grandi focolai di infezione. Ultima considerazione: so già benissimo qual è la replica dei miei amici settentrionali a questa ipotesi, cioè che non si può fermare il cuore economico del Paese, pena pesantissimi danni a tutta l’economia italiana. È un ragionamento che non sta in piedi. L’Italia può sopportare il peso di uno stop temporaneo ai flussi di persone dalle zone infette per un tempo limitato, perché non si tratterebbe di un periodo lunghissimo: due o tre settimane. Quello che l’Italia non può certamente sopportare è lo scenario di una epidemia globale che porterà, oltre al suo carico di morti e al blackout del sistema ospedaliero, anche il blocco completo non di tre sole regioni ma di tutto il Paese: i costi sarebbero enormemente più alti. In conclusione, non possiamo evitare di chiederci cosa sarebbe successo se l’epidemia avesse avuto i suoi unici focolai in Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. I governatori del Nord avrebbero preteso e ottenuto l’isolamento del Sud, avrebbero messo i soldati alle frontiere con tanto di sacchetti di sabbia e filo spinato, le guardie padane in camicia verde avrebbero fatto blocchi stradali al confine delle loro regioni per assicurarsi che nessun terrone infetto potesse valicare il confine del sacro suolo. E il solito imbecille razzista, sull’esempio del governatore del Veneto, avrebbe assicurato di aver visto i meridionali mangiare topi vivi e che, in fondo in fondo, ce l’eravamo meritata. Dite di no?