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Bravo Luciano Garella, soprintendente coraggioso

Opinionista: 

C’è un soprintendente a Napoli. Luciano Garella, soprintendente all’Archeologia, alle Belle Arti e al Paesaggio di Napoli, dimostra giorno dopo giorno di essere l’emblema vivente di una svolta nel modo di concepire l’amministrazione pubblica a tutela del patrimonio monumentale. È l’uomo che ha dato il via libera, senza frapporre veti e rallentamenti burocratici, all’operazione NAlbero, la struttura insediata sul lungomare che ha attratto tantissimi turisti e si è rivelata un grande successo per la giunta de Magistris. Nei giorni scorsi ha scritto una lettera ai vertici di Palazzo San Giacomo, in cui propone ufficialmente la collaborazione dell’ente all’elaborazione del progetto di restauro dell’Arco di Trionfo del Maschio Angioino, il più importante degli interventi previsti dal piano “Monumentando”. Come noto, questa operazione punta alla riqualificazione di 27 opere importanti per la città a costo zero, grazie ai ricavi ottenuti dalle inserzioni esposte sulle impalcature. A fare da tramite, e ovviamente a guadagnarci, è la società di raccolta pubblicitaria Uno Outdoor. Il bando con cui nel 2014 il Comune di Napoli ha scelto Uno Outdoor è sotto i riflettori dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, che ha posto in risalto alcune criticità, tra cui il ritardo maturato da alcuni interventi, con sforamento notevole dei termini originariamente previsti per i restauri. Ai rilievi dell’Anac sono state opposte controdeduzioni di Uno Outdoor e Comune, e si è in attesa delle conclusioni dell’Autorità. È giusto che si faccia chiarezza, ma il soprintendente, con il coraggio di chi prende posizione anche a fronte di campagne mediatiche apparse obiettivamente eccessive, ha rilanciato offrendo al Comune la richiamata collaborazione. Garella, opportunamente, ha evitato valutazioni sulla legittimità dell’affidamento dell’operazione a Uno Outdoor, ma ha saggiamente ricordato che “il ricorso ai fondi dei privati per finanziare il restauro delle opere d’arte è ormai prassi in tutta Italia”. Ed è questo il punto. Senza i privati, senza le impalcature, questo tipo di interventi non si possono fare. È comprensibile che si metta in discussione un bando. È meno convincente la protesta indiscriminata di chi demonizza la contiguità tra business e opera d’arte, scandalizzandosi per un connubio che non inquina il valore culturale di un’opera, ma se mai, realizzato l’intervento, è destinato ad esaltarlo. Garella lo ha capito, speriamo si ravveda pure qualcun altro.