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Brexit: schiamazzi e barzellette

Opinionista: 

La vittoria della Brexit al referendum inglese incautamente indetto da Cameron è la più gradevole fra le notizie comparse sui media in questi ultimi anni. Si tratta, infatti, di una cattiva notizia per l’Unione Europea, creatura delle banche, vero e proprio Moloch che sta distruggendo l’Europa vera, quella dei popoli e delle nazioni. I miei amici lettori sanno, poiché l’ho scritto poche settimane addietro, che per me l’Europa è quella che fu di Cesare Augusto, di Carlo Magno, di Carlo V: un impero, nel quale le identità e le autonomie dei popoli erano rispettate. Si tratta di una brutta notizia per le banche e per le altre multinazionali, entità riconducibili agli attuali padroni di un mondo che essi vogliono popolato soltanto da schiavi. Si tratta evidentemente, allora, di una buona notizia. Fra le persone coinvolte nella sconfitta, l’unica la cui sorte mi addolora è la povera Jo Cox, vittima il cui sacrificio offerto al Moloch è stato inutile, come lo fu tredici anni fa quello di Anna Lindh. Non mi dispiace per Giorgio Napolitano. "Avevo molto confidato nella possibilità che prevalesse la scelta di restare nell'Unione Europea" e "mi ero convinto che la grande massa degli elettori laburisti, anche per lo choc dell'uccisione" di Jo Cox, avrebbero votato "massicciamente per la permanenza" ha detto il presidente emerito (di molto merito, per dirla con il Giusti e senza offesa a Talleyrand), intervistato dal Corriere della Sera. In mancanza di carri armati sovietici, come quelli cui plaudì sessant’anni fa, dovrà rassegnarsi. Non può, infatti, imporre al resto del mondo il principio veracemenete democratico da lui enunciato e applicato, secondo cui il popolo non deve impicciarsi nelle cose serie. Non mi dispiace per l’ambiguo presidente lussemburghese della Commissione, né per il tedesco antiberlusconiano presidente dell’Assemblea, entrambi spocchiosi profeti di sciagure. Non mi dispiace per Mario Monti e Romano Prodi, anch’essi in lutto, dopo essersi giovati il primo dei “democratici” giochini di palazzo e il secondo della somma (e ai suoi tempi chiacchierata) poltrona europea. Non mi dispiace per Roberto Saviano, che getta la maschera di democratico e ricorda come il popolo inneggiasse a Hitler e Mussolini: vorrebbe essere lui il saggio che, come Gramsci auspicava facesse il partito, insegna al popolo cosa sia bene e cosa bisogna volere. Non mi dispiace per i mussulmani, che hanno votato in blocco per il “remain”: bella scoperta, giacché l’Eurabia da circa trent’anni lavora per favorire l’invasione ostinatamente (e, per fortuna, vanamente) da loro tentata negli ultimi millequattrocento anni. È una goduria sapere che i giocattoli del potere mondiale possono rompersi: il primo di questi giocattoli a perdere pezzi è l’Unione Europea. La rinunzia a entrarvi di Svizzera e Islanda poteva anche passare inosservata, la Brexit no. I giocattoli, però, sono tanti e tutti sporchi e inutili, come quelli regalati ai bambini per giovare all’industria che li produce, ammonticchiati in enormi contenitori e destinati ad arricchire la raccolta di rifiuti solidi urbani. Il primo, più grosso e dannoso è l’Onu, che dovrebbe mantenere la pace del mondo e ogni tanto promuove una guerra, intiitolandola “missione di pace”: si sa, ciò che conta sono le parole. I romani, in verità, dicevano “Si vis pacem, para bellum”, principio sempre valido; non hanno mai aggiunto “fac bellum”, forse perché l’industria bellica non era sviluppata e potente come ai giorni nostri. Il secondo è la Nato, che rispondeva, al tempo della guerra fredda, al criterio degli antichi romani; oggi è un relitto del millennio passato, utile soltanto per gettare il denaro dei contribuenti in inutili “missioni di pace” e a sostenere l’imperialismo di Obama ed Erdogan. Il terzo, va sans dire, è l’Unione Europea: non soltanto perché ci costa troppo sia in termini di libertà sia in danaro, non soltanto perché è un comodo rifugio per i rifiuti della cosca politica, non soltanto perché vogliamo continuare a mangiare le vongole e i cetriolini senza dover usare una riga millimetrata, ma anche e soprattutto perché vogliamo conservare la nostra storia, la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra tradizione. Provate a immaginare quale taglio alle tasse consentirebbe l’uscita da queste tre inutili istituzioni internazionali e da tutte le altre che esse hanno partorito negli anni, dalla FAO che sazia soltanto i suoi funzionari all’Erasmus che rende i giovani europeisti a fine di vacanza. Concludo, visto che ci troviamo a parlare dei giovani, delle due brillanti proposte dei nostri europeisti incazzati: togliere il voto agli anziani e far rivotare gli inglesi. La prima è squisitamente moderna: tutte le civiltà hanno sempre privilegiato l’opinione degli anziani, riconoscendo loro almeno qualche traccia di saggezza lasciata in loro dall’esperienza di una vita. Ora gli anziani, certo, non sono più saggi come una volta, poiché amano imitare i giovani senza “ammesurarse ‘a palla”. Chi, tuttavia, cercasse qualche artista, artigiano o, in generale, persona capace di operare qualcosa, farebbe meglio a cercare fra i sessantenni, i settantenni e via dicendo (magari fra i centenari). In ogni modo, poiché l’Europa deve progredire verso il baratro, in attesa della sharia, sembra ragionevole limitare il voto ai cittadini fra i quattordici e i ventun’anni: come dire, ‘a pazzièlla ‘mmano ê criature. La seconda mi sembra adatta a rifondare su nuove basi la malandata democrazia: o non si vota per niente (in Italia la costituzione più bella del mondo non consente il referendum in materia di trattati e Napolitano ha fatto il resto in materia di governi) o si vota fin quando l’elettorato non si decide a votare come gli suggerisce chi comanda. Toglietemi una curiosità: vi meraviglia che nel social network i cittadini adoperino come barzellette le parole degli operatori politici e culturali ligi al sistema?