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Con Kierkegaard aspettando l’autobus in piazza Dante

Opinionista: 

Esterno notte. Fermata del bus in piazza Dante, a Napoli, la città che, nei deliri onirici notturni del sindaco Luigi de Magistris, diventerà capitale mondiale del trasporto pubblico nell'anno che lui solo forse conosce. C'è la “Malacqua” di Nicola Pugliese, e c'è un vento che non si era mai sentito, e c'è il gelo di dicembre, in piazza Dante, che si insinua nelle carne e nelle ossa di un frammento di umanità stanca e desiderosa soltanto di tornare a casa, dopo una serata a cucinare nel ristorante, a lavare piatti, a rigovernare tavoli sorridendo, a custodire in un garage le auto dei ricchi sbragati che intanto erano impegnati ad abbuffarsi. C'è il padre di famiglia che ha servito ai tavoli, la ragazza disoccupata che fa la babysitter a ore che ha accudito i figli del ricco sbragato, c'è il laureando in filosofia che anche stasera ha svuotato centinaia di piatti nella monnezza per il ricco sazio e sbragato, e sogna il giorno in cui potrà sedere tra i ragazzi e parlare di Schopenhauer. Sono tutti accalcati in un silenzio solidale sotto la pensilina, fradici di stanchezza e di freddo, in attesa che si verifichi quell'accadimento straordinario come la “Malacqua”: l'arrivo del bus notturno, l'N3. L'orario affisso alla fermata dice che l'autobus deve passare all'1,47. Dovrebbe. Ma invece arriva tranquillo alle 2,38. Il laureando amico di Schopenhauer chiede: "Ma non doveva passare 45 minuti fa?". E l'autista, che è più filosofo di quel ragazzo e di Aristotele, sa che il Tempo è solo una convenzione umana, e stropicciandosi gli occhi dopo la mezz'ora passata a dormire nel deposito, risponde in un dialetto garbato proprio come lui: "Tre quarti d'ora? E che fa... L'importante è che mo' sto ccà". È una città strana, che ignora la dignità di esseri umani che non sono ricchi sbragati e che sotto il diluvio o il gelo vogliono soltanto tornare a casa dai propri figli, o che sognano un colpo di culo esagerato per poter un giorno insegnare in un liceo. È una città strana, ma davvero strana, perché non riconosce alla ragazza babysitter a ore il diritto di avere una vita. E resta perplesso lo studente che ha riempito sorridendo bustoni di rifiuti con gli scarti del ricco mentre discute silenziosamente col filosofo francese Jacques Derrida, per il quale il cibo è la maniera più dignitosa per rapportarsi agli altri e rapportare gli altri a sè. Si appunta mentalmente queste emozioni notturne in piazza Dante e vorrà ricordarsene un giorno, il laureando, quando sarà in un'aula di liceo con lo spirito di Kierkegaard che adesso gli dice di resistere e non arrendersi a questa città strana e disperata. Ma davvero disperata.