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Con la pandemia stiamo diventando “numeri primi”

Opinionista: 

Gentile Direttore, lo stupendo libro di Paolo Giordano, da cui fu tratto anche un bel film, “La solitudine dei numeri primi”, in cui si racconta delle vite parallele di Alice e Mattia, l’una rimasta zoppa in età infantile per una caduta, l’altro dotato di un enorme intelletto, e, perciò, isolato dagli altri sin dalla tenera età, che si incontrano per caso e sviluppano un’amicizia particolare mi sembra esemplare per quel che stiamo vivendo oggi . Ciascuno dei protagonisti, infatti, svolge la propria esistenza autonomamente, pur cercandosi ogni volta che si dividono, e ciò fino alla fine della loro esistenza, in un turbinio di sentimenti d’amicizia, litigi e d’amore, che, però, nella vita reale non li hanno mai portati a rapporti fisici, se non un timido bacio una sola volta nella loro vita. Come succede, in effetti, ai cosiddetti “Numeri Primi”, che ci hanno insegnato alle Elementari, dove un numero è divisibile solo per se stesso o per uno (i numeri 2, 3, 5, 7 , ad esempio sono numeri primi, perché divisibili solo per se stessi e per uno; non così il numero 8 o 9 o 10, divisibili rispettivamente per se stesso, per 1 e per 2, l’otto; per se stesso, per 1 e per 3 il nove; per se stesso, per 1 e per 2 il 10, e così via, che si chiamano “ numeri composti”. Non voglio certamente fare “sfoggio” di matematica, materia che mi piaceva tanto anche al liceo classico, ma poi ho “optato” per gli studi giuridici, che pure presuppongono una rigida logica. Ho citato questo bel romanzo perché ho la netta sensazione che tutti noi, complice certamente questa maledetta pandemia, siamo diventati o stiamo diventando “numeri primi” , come l’autore del libro Paolo Giordano ben descrive: questi numeri, infatti, sono vicinissimi tra loro, quasi gemelli , come il 2 e il 3 ad esempio, separati da un solo numero, accomunati dalle stesse particolarità, anche attratti l’uno verso l’altra, ma incapaci di unirsi perché divisi dall’invalicabile ostacolo del numero intermedio. Ed oggi è così, Direttore: la nostra società del terzo millennio ha un gran desiderio in astratto di unirsi, socializzare, confrontarsi, divertirsi, scambiarsi i sentimenti di gioia e di dolore, ma non riesce a coniugarli mai completamente. Prima l’uso smodato dei cosiddetti “social” (io li chiamerei “asocial” con l’alfa privativa degli antichi Greci) che non permettono ai genitori di dialogare coi figli, ed anche viceversa; che tra gli stessi coetanei si intromettono, scambiando il labiale e fonetico della parola con la voce metallica o lo scritto uniforme degli i-phone o iPad o telefonini di tutte le dimensioni ed applicazioni varie. Se si parla o si ascolta senza la presenza dell’interlocutore, che attraverso la voce viva e la gestualità rivela il suo carattere o almeno il suo stato d’animo, che società stiamo vivendo e consegnando ai nostri figli, ai nostri nipoti? E si discetta ancora di Dad (Didattica a Distanza!). Ma lo si vuol capire, alla fine, che il lungo periodo di Dad, specie in Campania, grazie al nostro Governatore, che nel “furore” del suo “lanciafiamme”, in pratica ha tenuto chiuse le scuole un anno intero, dileggiando anche quella mamma che aveva osato testimoniare la figlioletta piangente, perché non vedeva più le sue amichette a scuola? Avete notato dalle immagini diffuse in tutte le televisioni la gioia sui volti dei ragazzi che finalmente potevano rivedersi, scambiarsi sentimenti ed impressioni assieme, “tubare” anche nella loro impagabile adolescenza? La mia nipotina Giovanna, di sei anni, appena scesa dall’aereo la settimana scorsa, proveniente da una vacanza a Lampedusa, non mi ha detto: nonno ho nostalgia del mare! No! Ha detto: nonno domani vado finalmente a scuola! Speriamo di non vedere più i nostri ragazzi preda della “solitudine dei numeri primi”, ma sempre più “numeri composti”, aperti al dialogo, alla duttilità di saper dividersi per uno, due, tre, cento, centomila per la crescita di una sana società. E speriamo anche che questo virus scompaia o perlomeno si attenui, e non funga da alibi per chi non prendersi responsabilità. La Dad ha procurato danni incalcolabili, specie a quelli più piccoli. L’evasione scolastica, in Campania, ed a Napoli in particolare, già notevole ai tempi pre-Covid, oggi ha raggiunto vertici che sfiorano il 10% della platea scolastica. In un suo studio Andrea Genzone, educatore e scrittore, fa un’analisi approfondita del fenomeno: “La dispersione scolastica, dice, è un fenomeno che raramente fa notizia. Non ci sono spargimenti di sangue, nessun allarme malavitoso, nessun attentato, nessuna guerra. La dispersione scolastica , invece, dovrebbe dire molto di più alla società ed alle Istituzioni, e come pochi altri fenomeni potrebbe aiutare a comprendere come evoluta ed equa sia una società, una Nazione”. L’analisi ampiamente compiuta nel libro dimostra come sempre più spesso i giovani lasciano la scuola soprattutto per motivi socio-economici. E Napoli ne è chiara testimonianza. Vogliamo dire ai signori candidati a sindaci, tra cui c’è anche un ex rettore della più prestigiosa università, di mettere al primo posto del loro programma la scuola, che sento raramente menzionata?