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Covid tunnel: l’uscita non è uguale per tutti

Opinionista: 

Per l’uscita dal pandemico tunnel era preliminare (e del tutto ineludibile a dispetto dei no vax), la “vaccinazione di massa” coinvolgendo “quanti più italiani è possibile”, raccomandava il premier Mario Draghi. Sulla stessa linea d’onda l’intraprendente Mara Carfagna, salernitana, ministro della Coesione nazionale e per il Mezzogiorno. Abbattiamo il virus - diceva in sostanza - e poi tutto ritornerà “ma non esattamente come prima”, opportunamente aggiungeva. Ecco, era proprio quello che si sperava: una uscita nella “discontinuità”. Troppo fatalisticamente abituati a che così era sempre andata e che così avrebbe continuato ad andare, ci siamo risvegliati di colpo quando si è abbattuto sulle nostre teste uno “tsunami” planetario di tale forza distruttiva mai sperimentata. In una delle pieghe più amare e sconvolgenti della nostra storia abbiamo adesso sotto gli occhi il dato terrificante degli oltre tre milioni di vittime nel mondo (un enorme pezzo di umanità ci ha dovuto dire addio).

*** IL CASO DELL’ITALIA. Si sono sfidate, dove con più impegno dove con meno, nella corsa ai colori le venti regioni che la compongono “dall’Alpi alle Piramidi”. Un’alternanza spasmodica di rosso e arancione, giallo e bianco. Comportamenti disomogenei da una città all’altra, ma molto diffusa la tendenza (quasi una vocazione naturale) all’assembramento, alla reazione disobbediente alle misure precauzionali (mascherine, coprifuoco, norme igieniche).Si sono scoperte, tuttavia, nuove forme di socializzazione e vita comunitaria: lavoro a distanza, convegni e seminari via web, linguaggio dei gesti e soprattutto degli occhi. La vita produttiva si è man mano ripresa e al primo posto, nella classifica nazionale, ritorna la Lombardia regione più colpita e funestata dalla virulenta infezione. Per tutti vale sempre, però, il monito alla prudente responsabilità che viene dal Comitato tecnico-scientifico. Come dire: il Covid, per quanto contrastato, non ha ancora alzato “bandiera bianca” (mentre infuria la nuova variante “Delta”).

*** UN COLORE DA CONQUISTARE. È, appunto, il “bianco” ottenuto non senza sacrifici, ma non ancora consolidato in Campania (giunta quasi alla soglia di 7 mila e 500 vittime). Se il “salto” in zona bianca per 40 milioni e mezzo di italiani vale 1 milione di posti di lavoro (per tutte le attività che si stanno avviando al tempo pieno), nella più popolosa regione meridionale questo obiettivo è ancora traballante. Il governatore De Luca teme, peraltro, un ritorno alla drammatica situazione dell’estate 2020 (“tutta questa allegria che abbiamo per le riaperture, tutta questa ricreazione rischia di essere interrotta tra fine settembre e primi di ottobre”). Amara ironia del Governatore perché, al posto della “immunità di gregge” coi vaccini, è stata raggiunta la poco esaltante “quantità di pecoroni”.

*** IL CASO NAPOLI. Sempre in agguato Covid e varianti (da quella indiana all’inglese, quale più aggressiva?). Sembra che la maggiore pressione sulle riaperture sia stata esercitata per favore i ristoranti. In determinati giorni tratti di molte strade (dal lungomare ai quartieri più popolosi, alle colline) diventano ossessivamente “mangifici all’aperto” con evidente privatizzazione di suolo pubblico. Quanto a “spazi e guerra dei tavolini”, da tempo Raffaele Aragona, attento osservatore, raccomanda “flessibilità sì, anarchia no”. Insieme coi ristoranti le movide: violente e del tutto fuori controllo con le famiglie residenti che impazziscono per l’incivile baccano fin nel cuore della notte. Le sirene delle ambulanze che continuano a lacerare l’aria, meriterebbero maggiore attenzione e anche un po’ di rispettoso raccoglimento. Palpabile, allora, il rischio che, all’uscita dal tunnel, la discontinuità dei comportanti sia stata solo una autoillusione.

*** DRAGHI E CARFAGNA. Il premier e il ministro (non s’arrabbi la onorevole Boldrini se usiamo ministro al maschile, ma al femminile è una “impura” cacofonia), formano un binomio apprezzabile quando ribadiscono che lo sviluppo di città e regioni è determinato non dai finanziamenti che si stanziano, ma soprattutto dai comportamenti di quanti amministrano i territori, e dai cittadini nel loro insieme. Soltanto comportamenti “virtuosi” possono rendere “reale e operativa” quella coesione sociale troppo spesso dimenticata in passato.