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Difendere la democrazia anche turandosi il naso?

Opinionista: 

L’ipotesi di una crisi del governo gialloverde, caratterizzato sin dal suo sorgere da una turbolenta convivenza tra le sue due componenti, ha assunto, in questi giorni dimensioni sempre più concrete dopo quanto è accaduto in Senato con l’intervento del presidente del Consiglio sul “caso Russia” e alla luce dei dissensi sempre più aspri sulla Tav. Salvini e Di Maio non si sopportano più, vivono da "separati in casa", un rapporto di reciproca ostilità che determina una sostanziale paralisi nell'attività di governo provocando quotidiani imbarazzi al povero Giuseppe Conte che non sa più a quale santo votarsi per esercitare, non diciamo efficacemente, ma con un minimo di dignità il suo mandato. In queste condizioni, dunque, la crisi potrebbe aprirsi da un momento all'altro. Ma con quali prospettive? Allo stato le soluzioni più accreditate sono due: quella di un anticipato scioglimento delle Camere con elezioni in autunno e quella della formazione di una nuova maggioranza basata sull'alleanza tra Cinquestelle e Partito democratico. Tra le due la più "gettonata" è certamente la prima, quella sostenuta da Matteo Salvini che, ignorando il dettato costituzionale secondo il quale al Capo dello Stato, e non a lui, per quanto elevata possa essere la percentuale di voti che i sondaggi gli attribuiscono, dà per scontato che, caduto il governo, si vada alle urne. Di elezioni parlano, peraltro, anche il Pd e i Cinquestelle, escludendo, entrambi un'alleanza tra loro. In verità se la propensione di Salvini per le elezioni anticipate è del tutto comprensibile, tenuto conto del fatto che, con la sua "spalla" Giorgia Meloni, appare destinato a conquistare la maggioranza, meno comprensibile è l'auspicio che si vada al voto espresso da "dem" e pentastellati che rischierebbero di consegnare alla Lega il governo del Paese per l'intera legislatura prossima ventura. In politica valgono più che mai due antiche regole: la prima è quella del "mai dire mai"; la seconda è quella secondo cui "il meglio è nemico del bene". Il "mai dire mai" impone di ritenere che il perentorio "niet" ad ogni ipotesi di reciproca collaborazione espresso dai democratici e dai cinquestelle può non durare per sempre e che gli stati maggiori dei due partiti possano essere indotti dalla forza degli eventi a mutare opinione anche perché il tener presente che "il meglio è nemico del bene" nasce da una considerazione che essi non possono non fare. Questa: un'ampia vittoria della Lega. Con un notevole ridimensionamento dei cinquestelle ed un Pd che, nella migliore delle ipotesi, potrebbe superare di poco la soglia del venti per cento, aprirebbe le porte ad una legislatura "salviniana", con tutte le conseguenze che questo comporterebbe. Ostacoli ad una possibile collaborazione ce ne sono e molti. Nel Pd la principale difficoltà è costituita dal no di Matteo Renzi che, potendo far conto su un vasto numero di sostenitori all'interno del partito, intimorisce il fragile Zingaretti. Personalmente - e non lo abbiamo mai nascosto - consideriamo Renzi l'elemento di maggior rilievo del Pd, rimasto vittima di una serie di imboscate ad opera, soprattutto, del suo stesso partito. Ma, francamente, certe sue "rigidità" ci lasciano perplessi, pur comprendendone le motivazioni. Quanto ai pentastellati ad opporsi a un eventuale accordo con il Pd è in particolare Luigi Di Maio poiché è molto probabile che la sua traballante leadership verrebbe insidiata da Giuseppe Conte che, negli ultimi tempi, ha fatto mostra di resistere alla prepotenza salviniana. È per questo che Di Maio ha fatto sua la vecchia filosofia andreottiana secondo cui "è meglio tirare a campare che tirare le cuoia". Vorremmo fosse ben chiaro che non stiamo patrocinando l'alleanza tra Pd e Cinquestelle che, anzi, ci lascia non poco perplessi. Ma ci sembra che su questa possibilità si debba comunque riflettere, senza pregiudizi e senza apriorismi tenendo presente che, in una scala di valori, la difesa della democrazia abbia una valenza prioritaria che va difesa, magari a costo, per dirla con Montanelli, di turarsi il naso.