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Dove non ci sono regole ci si arrangia come può

Opinionista: 

È sembrata quasi una provocazione quella d’un intraprendente giovane napoletano, che ha organizzato un “mafia tour”, sorta di visita turistica guidata nei luoghi della camorra, in zone del territorio cittadino particolarmente cariche di storia e presenza della criminalità organizzata. Ognuno nelle difficoltà s’arrangia come può ed utilizza le risorse che ha a disposizione, questa una tra le possibili. Il vero, se vero esiste, è che a Napoli, e non solo, ci si va abituando a tutto, tutto si lascia correre senza reazione alcuna. Qualche rapido richiamo di memoria. Lo stato della città. I napoletani sono adusati, ormai da un trentennio, a considerare i cantieri che sventrano le loro piazze e strade, come componenti dell’arredo urbano. Dove in altre metropoli ci son parchi, fontane ed attrazioni varie, da noi s’incrociano interminati cantieri. Cantieri che del tutto ingiustificatamente impongono la loro presenza da trenta e più anni: vedi la Riviera di Chiaja, il Rettifilo, la piazza del Municipio, la via della Marina. Lavori che durano in eterno e che in eterno creano disagi e sofferenza, moltiplicando tempi di percorrenza, generando degrado, contribuendo all’inquinamento già pesante in città. Se poi ci si rivolge al trasporto pubblico, la situazione è semplicemente disastrosa: quello su gomma è in realtà un simulacro di servizio, essendo in circolazione meno d’un quinto dei mezzi che sarebbe necessari mettere in campo per un servizio di livello accettabile, a tacere della qualità del materiale quotidianamente, non si sa come, in uscita dai depositi. Quello su ferro, si snoda su due linee: la moderna, la 1, dopo l’incidente d’un paio di settimane or sono nei pressi della stazione di Piscinola, sembra sia assicurato da sei convogli, dico sei, molto vecchi e malandati, ad ascoltare un’agghiacciante intervista concessa a Il Mattino da un sindacalista che sembrava particolarmente informato. La linea 2 risale all’anteguerra, nemmeno è una metropolitana e variamente funziona a seconda delle congiunture, ma di certo non è possibile fare su di essa affidamento se si ha a cuore la puntualità. Andando allo stato delle strade, ogni commento diventa superfluo, giacché è nell’esperienza del quotidiano, l’attenzione che deve prestarsi per guadagnare la meta senza danni. E la notte, non di rado, l’illuminazione pubblica latita, insieme ai latitanti che ne gioiscono Le condizioni dell’igiene, sono quelle che sono e, da decenni ormai, il ciclo di smaltimento dei rifiuti contempla una lunga fase di digestione nelle vie cittadine. Lo stato degli edifici scolastici è a tal punto precario, che ad ogni allarme meteo è necessario sospendere l’attività, con riflessi non caduchi sull’efficacia dell’azione didattica in un tessuto sociale che la reclamerebbe con intensità tutta sua propria. Non molto meglio, se si guarda dentro e fuori i principali nosocomi, come dimostrano cronache di continui disservizi, problemi igienici, inadeguatezze funzionali. I servizi comunali, poi, sono annichilenti: a dirne una, ma solo una, per chiedere una carta d’identità è necessario impegnare una mattinata, dall’alba all’ora di pranzo e poi predisporsi ad un’attesa che sembra s’aggiri tra i due ed i sei mesi. Questi elenchi sono consuete geremiadi. Il problema però è in ciò che una situazione del genere produce nell’educazione e negli atteggiamenti del cittadino. Quando dall’alba al tramonto, ogni contatto che si ha con il proprio ambiente socializzato trasmette degrado, indifferenza per gli interessi collettivi, assenza completa d’organizzazione in base a regole condivise, cosa mai può imprimersi nella mente di chi in tale realtà è costretto a vivere? Semplicemente, che ciascuno deve arrangiarsi per suo conto, procurarsi il necessario con i mezzi e gli espedienti di cui è capace, far come non si trovasse in una realtà strutturata bensì in una sorta di savana dove vige la legge del più forte o comunque del più abile. Se si vuole avere una pronta riprova di quanto un contesto disorganizzato ed eslege produce sull’atteggiamento dei singoli individui che lo compongono – individui, non cittadini – è sufficiente far osservazione dello stile di guida del napoletano e del suo inarrestabile degrado. L’aggressività dell’automobilista e del motociclista è giunta a livelli ormai incompatibili con la pacifica convivenza. L’ultima moda che va affermandosi è quella dello smodato utilizzo dei mezzi di segnalazione acustica da parte dei motociclisti che, insofferenti d’ogni principio, pretendono prepotentemente che si faccia loro spazio perché possano procedere senza remore nella loro corsa. La cosa più grave che tanto disordine determina è lo sviluppo di mentalità asociali ed arroganti, che si manifesteranno poi in ogni atto della vita. Ma questo è scontato: là dove non ci son regole, c’è l’autodifesa e dilaga l’istinto appropriativo: di spazio, risorse, finanche vite altrui. Un processo che nessuna retorica e nessun insegnamento potrà vincere, perché nasce in via diretta dall’esperienza quotidiana di vita, la vera prima ed inesorabile maestra.