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Ecco perché è demenziale e costoso coprire gli stadi

Opinionista: 

Chi segue le partite di Champions del Barcellona, del Real Madrid, dell’Atletico di Madrid e le partite della Coppa America avrà notato che gli stadi Santiago Berbabeu, Vicente Calderon, Camp Nou e quelli sudamericani sono scoperti. E lo sono la maggioranza degli stadi italiani e stranieri. È scoperto addirittura lo stadio di Reykjavik in Islanda, vicina al Polo Nord. A dimostrazione che la Uefa non ha mai imposto che gli stadi fossero coperti. Fu una voce messa in giro dai costruttori avidi e dai sindaci megalomani in occasione dei Mondiali 90 in Italia. La loro copertura serve solo a fare aumentare il costo di costruzione e di manutenzione (e i guadagni delle imprese e le parcelle dei progettisti) ma non certamente a riparare gli spettatori dalla pioggia. La copertura serve a renderli mostruosamente brutti. Come lo stadio “Nido d’uccello” di Pechino, che, assicurano gli ornitologi, nessuna specie di uccelli penserebbe mai un simile groviglio strutturale. Bisogna chiarire che l’Uefa ha imposto la norma che le eventuali coperture non possono invadere il rettangolo di gioco nemmeno di un millimetro, devono fermarsi ai bordi; di conseguenza, dato che la pioggia non cade in verticale ma subisce le inclinazioni causate dal vento, accade spesso che molti spettatori (il loro numero varia secondo l’intensità del vento e la quantità della precipitazione atmosferica) vengono privati della protezione. Basta ricordare quel che è accaduto il 15 giugno 2012 allo stadio Shaktar di Donetz quando un nubifragio costrinse l’arbitro a sospendere la partita Ucraina-Francia e gli spettatori ad abbandonare i 70mila posti, che una grande copertura in acciaio e vetri avrebbe dovuto proteggere. E le televisioni di mezzo mondo hanno mostrato per un’ora e mezza l’immagine desolante dello stadio ucraino invaso dall’acqua. Intendo cogliere il ricordo del diluvio dello Shaktar per ribadire la tesi che gli stadi del calcio devono essere scoperti e che coprirli è una scelta demenziale e costosa. Del resto, la pioggia non ha mai impedito di assistere alle partite di calcio perché nelle giornate piovose gli spettatori vanno negli stadi provvisti di ombrelli e impermeabili. Su oltre tremila stadi italiani tutti scoperti (Bergamo, Bologna, Benevento, Venezia, Firenze, Perugia, Foggia, Palermo, Catania… tra gli altri) solo quelli di Bari, Napoli, Roma, Genova, Torino e Milano sono coperti e l’hanno fatto in occasione dei Mondiali 90 appellandosi a una prescrizione Uefa che non è mai esistita. L’ha coperto recentemente anche Udine. Sulla scia della Juventus, che ha abbandonato lo stadio olimpico realizzato in occasione dei Mondiali di calcio 90 per costruirsi un suo stadio, anche i presidenti della Roma, della Lazio, dell’Inter, del Milan, della Fiorentina intendono costruire impianti di loro proprietà. Le immagini pubblicate mostrano stadi, rigorosamente coperti da complesse strutture in acciaio e vetri che li fanno sembrare gigantesche tartarughe col carapace forato, e imbottiti di cinema, discoteche, ristoranti, bar, centri commerciali e quant’altro necessario per attirare pubblico nei giorni in cui non si gioca al calcio. Che, manco a dirlo, si possono realizzare anche in uno stadio scoperto. Perciò un invito agli architetti e agli ingegneri edili di rifiutarsi di progettare coperture di stadi. Come non ci sarebbero state “le mani sulla città” senza di loro così non ci sarebbero più stadi coperti da megacoperture se questi professionisti non si rendessero complici dei costruttori. E dei presidenti megalomani. E se proprio vogliono coprirli si rifacciano al Colosseo, dove un “velarium” di lino, manovrato abilmente da marinai di Miseno, riparava gli 80mila spettatori dai raggi del sole.

g_mazziotti@yahoo.it