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Figli e figliastri, questa è l’Italia

Opinionista: 

“La legge è uguale per tutti”. Questa frase, che esprime il principio fondamentale dello stato di diritto, era in tutte le aule di giustizia, alle spalle dei giudicanti. Credo ci sia ancora, anche se molti non si voltano per riguardarla, a giudicare da quel che leggiamo sui giornali. Ma oggi non è della magistratura che voglio parlarvi, bensì della cricca politico-mediatica che infesta l’Italia. Ci sono due casi del giorno, anche se uno dei due è abbastanza stantio, che rendono particolarmente evidente come nell’Italia di oggi ci siano figli e figliastri. L’azione governativa e l’informazione asservita non si comportano con tutti alla stessa maniera: per dirla napoletanamente, addo’ védono e addo’ cècano. Caso numero uno: Bruno Vespa ospita a “Porta a porta” Riina junior e succede l’inferno. Intendiamoci: io da anni schifo la TV e quindi, a maggior ragione, non mi sogno nemmeno di guardare “Porta a porta”. Non ho particolare simpatia per Bruno Vespa, ad onta della leggenda metropolitana che lo vorrebbe figlio naturale del Duce, e non ho mai letto i suoi libri. Mi sembra però che abbia assolutamente ragione quando rievoca i suoi predecessori stimati, lodati e osannati per aver fatto servizi dello stesso tipo. Enzo Biagi intervistò Luciano Liggio, Tommaso Buscetta, Michele Sindona e Stefano Delle Chiaie. Jo Marrazzo portò in Rai Raffaele Cutolo e Giuseppe Piromalli. Michele Santoro ospitò più volte Massimo Ciancimino. Sergio Zavoli fece parlare sul piccolo schermo tutti i brigatisti rossi disposti a rispondergli. Nessuno ha mai trovato nulla da ridire. Anzi. Eppure Rosy Bindi circolava già allora. Sorge a questo punto un ragionevole sospetto, specialmente dopo l’annuncio di “una supervisione editoriale che scongiuri nuovi incidenti”. Vuoi vedere che Matteo Primo “Petrusiniéllo”, nuovo imperatore romano, vuole abolire la libertà di stampa? Egli vuole, forse, seguire l’esempio del suo omologo, il sultano Erdogan? Speriamo di no, anche perché sono certo che gli italiani non hanno attributi sufficienti per darsi al terrorismo di massa imitando i curdi, ma non sono altrettanto certo che Petrusiniéllo non possa mai arrivare al punto di bombardare i suoi oppositori. Caso numero due: siamo a un passo dalla rottura diplomatica con l’Egitto per il caso Regeni. Il sistema mediatico continua a dare un incredibile e insopportabile risalto alla vicenda del ragazzo italiano ucciso in terra africana. Io ho già espresso il mio modesto parere sull’argomento, ma sono costretto a ripetermi, perché ne ho davvero le tasche piene di questa storia. Il giovanotto era in Egitto ufficialmente per una tesina di laurea inglese, ma sicuramente aveva contatti inconfessabili con i servizi, che fossero italiani, inglesi o privati non è dato conoscere. Il ministro Gentiloni, nell’annunziare iniziative a livello internazionale, ha asserito che “si tratta di assicurare rispetto all’Italia e alla nostra dignità”. Peccato che nella ben più grave vicenda dei fucilieri di marina i governi che si sono succeduti non abbiano assicurato alcun rispetto al nostro paese e non abbiano manifestato alcun segno di dignità, ché, anzi, hanno proprio perso la faccia. Per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, militari in servizio, l’Italia non ha mai richiamato l’ambasciatore né ha mobilitato l’Unione europea; fu, invece, l’India a minacciare l’arresto dell’ambasciatore italiano e il nostro governo si calò le brache (fatto che portò alle dimissioni del ministro Terzi) rispedendo i marò in India. Regeni, ha quanto si è ufficialmente dichiarato, non lavorava per i nostri servizi, ma il governo fa il diavolo a quattro. Nel caso de marinai, la vigliaccheria del governo fu spiegata con un problema di commesse, ma anche in Egitto rischiamo di perdere affari per parecchi miliardi. Il governo non ha fatto nulla per salvare Fausto Piano e Salvatore Failla, lavoratori italiani alle dipendenze dell’impresa Bonatti, rapiti in Libia con altri due colleghi nel luglio 2015 e uccisi agli inizi del marzo ultimo scorso. Su questo gravissimo episodio, dopo un paio di giorni, è caduto il silenzio. Per liberare Giuliana Sgrena, giornalista del “Manifesto”, il governo pagò, nel 2014, un cospicuo riscatto. In più, ci rimise la pelle Nicola Calipari, funzionario del Sismi. Ma, certo, una giornalista, se di sinistra, vale molto più di due lavoratori (è un caso che anche Regeni collaborasse con il “Manifesto”?). Un riscatto ancor più cospicuo fu pagato (sempre con i nostri soldi) nel gennaio 2015 per Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, recatesi in Iraq per assistere i tagliagole. Anche in questo caso, non si trattava di lavoratori, ma di militanti della sinistra filo islamica. Avete più sentito parlare di Paolo e Massimiliano Chiarelli, uccisi nel marzo scorso in Africa perché scambiati per bracconieri? Non mi risulta che Gentiloni abbia fatto alcun passo presso il governo dello Zimbabwe, nemmeno per ottenere chiarimenti, né che la magistratura italiana abbia aperto fascicoli sulla loro morte. Sembra fin troppo evidente che nel nostro Paese governi, politicanti, inquirenti e giornalisti di regime siano abituati a usare due pesi e due misure. Questo mi disgusta profondamente. Non so che effetto faccia a voi.