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Giustizia, basta parlare: riforma non più rinviabile

Opinionista: 

Facciamo così: lasciate perdere. Almeno per ora mettete da parte il capitolo intercettazioni e provate a fare la riforma della giustizia. Sì, perché il rischio è che le divisioni nella maggioranza e le conseguenti frenate viste in questi giorni finiscano poi per bloccare anche quel più generale cambiamento del sistema che, come dimostrato anche ieri da quanto emerso all’inaugurazione dell’anno giudiziario, non è più rinviabile. Parliamoci chiaro, l’intervento in Parlamento di un ministro integerrimo come Carlo Nordio aveva messo in difficoltà Fdi e Lega, che avevano reagito prima con un silenzio assordante, poi con frasi che sono tutto un programma: «La riforma va fatta con i magistrati», aveva annunciato Salvini, dimenticando quel che diceva solo pochi mesi fa promuovendo i referendum sulla giustizia. La Meloni il giorno dopo gli aveva fatto eco, osservando che «non c’è bisogno di uno scontro tra politica e magistratura, credo anzi che si debba lavorare insieme per capire dove il meccanismo dello Stato di diritto non funziona». Stiamo freschi. Parole che sono sembrate un modo, indubbiamente elegante, per autorizzare il sospetto che si voglia fare una riforma annacquata nella migliore delle ipotesi, finta nella peggiore. Recepito il richiamo all’ordine, lo stesso Guardasigilli ieri ha cambiato registro usando toni molto più morbidi e concilianti, al punto da incassare il plauso dell’Anm che ne aveva detto peste e corna. Alzi la mano chi ha capito che tipo d’intervento sulle intercettazioni ha in mente il Governo. In questi giorni sono emerse proposte diverse e nessuno ha ancora messo nulla nero su bianco. Inoltre, sarebbe grave se tutto questo caos si concludesse con un’ulteriore stretta ai danni dei giornalisti e della libertà d’informazione. Semmai è sulle querele temerarie, arma intimidatoria indegna di uno Stato democratico, che bisogna intervenire. Forse è eccessivo dire che Salvini e Meloni si sono presi un bello spavento (per dirla con un cortesissimo eufemismo che non evochi improvvise incontinenze), davanti alla tetragona coerenza di un ministro che nei giorni scorsi era andato dritto al punto senza tanti giri di parole; l’impressione è che a Palazzo Chigi non vogliano inimicarsi il partito dei magistrati combattenti. Lo stesso partito che finora ha riservato alla Meloni un trattamento ben diverso (per fortuna) da quello destinato a Berlusconi, quando il Cavaliere si permise di arrivare al governo sbaragliando una sinistra già attovagliata nella stanza dei bottoni. Sia come sia, una domanda resta senza risposta: si può aprire una discussione di questa importanza e delicatezza senza prima avere le idee chiare e aver raggiunto un accordo sul da farsi? Incontrando ieri Nordio a Palazzo Chigi, la premier Giorgia Meloni si è limitata a rilanciare la necessità di dare agli italiani «una giustizia giusta e veloce». Bene, ma un po’ troppo generico. È opportuno che l’Esecutivo inizi a mettere nero su bianco almeno una riforma incardinata attorno a cinque principi: la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, con conseguente sdoppiamento del Csm; la velocizzazione dei processi; l’abolizione della falsa obbligatorietà dell’azione penale; la certezza della pena; una vera responsabilità civile dei magistrati. Così magari la smettiamo di chiacchierare dei massimi sistemi e iniziamo a discutere di cose concrete. E se il partito delle Procure non è d’accordo, amen. Ecco, se si facesse questo saremmo già a metà dell’opera. Per ottenerlo, però, è necessario interrompere il parlare a vuoto e passare ai fatti. Si ragioni su un articolato di legge, si metta nero su bianco il testo, la maggioranza e il Governo lo condividano e ne assumano la responsabilità. E quando arriveranno gli attacchi perché se sarà una riforma seria arriveranno, eccome se arriveranno della sinistra giudiziaria, non si faccia lo stesso errore compiuto sul tema delle accise sulla benzina: dare la colpa a qualcun altro. Magari a un ministro reo di essersi lasciato scappare la frizione in un eccesso di entusiasmo. Insomma, fate una vera riforma della giustizia. Se ne avete il fegato.