Il crollo delle banche La paura fa 737
La nuova paura fa 737. Il vecchio 90 nel nuovo mondo dell’insicurezza globalizzata non serve più. Renzi ha frettolosamente archiviato il colloquio con la Merkel a Berlino: un incontro andato molto male, che ha avuto come unico effetto far crescere l’isolamento italiano a Bruxelles. Ma davvero c’è in giro qualcuno disposto a credere che lo scontro tra Europa e Italia verta sugli immigrati? Non scherziamo. La vera partita riguarda le banche. I nostri istituti sono zavorrati da 337 miliardi di crediti a rischio, 200 dei quali sono già considerati inesigibili o quasi. Ma possiedono anche 400 miliardi di titoli del debito pubblico. È una bomba da 737 miliardi. Questo vuol dire una cosa molto semplice: ogni attacco alle nostre banche è un attacco al nostro debito sovrano. Esattamente quanto è accaduto ieri. In questo quadro, il salvataggio (per ora) delle banche italiane indotto dalle parole di Mario Draghi dimostra una sola cosa: le nostre sorti dipendono totalmente dall’euro. Senza l’ombrello della Bce e delle sue misure straordinarie - peraltro quasi esaurite - Roma è destinata alla Troika. È questa la terribile verità di cui prendere atto. Va da sé che l’unica cosa che un Governo degno di tal nome avrebbe il dovere di fare, sarebbe concentrare tutti i propri sforzi per intervenire sugli elementi di debolezza che ci rendono così vulnerabili e servi di Bruxelles: i livelli d’indebitamento e spesa pubblica semplicemente inaccettabili. Invece che accade? Tutti, da destra a sinistra, accusano l’Europa, fingendo di dimenticare che il sistema più indebolito del Continente si sostiene solo grazie a tassi d’interesse tenuti artificialmente bassi da Draghi. I principali problemi dell’Italia sono dentro i suoi confini. Non fuori. L’unico taglio alla spesa pubblica è stato fatto dalla Bce agli interessi sul debito. Un risparmio che il leader della Repubblica dei bonus si è subito affrettato a vanificare con altre spese. Cresciamo meno della metà del Portogallo, 4 volte meno della Spagna e 8 volte meno dell’Irlanda. Tutti Paesi che sono stati duramente colpiti dalla recessione più di noi. La differenza? Loro hanno fatto tagli di spesa per finanziare sgravi fiscali e noi il contrario. Gli altri si dedicano a produrre ricchezza, noi a redistribuirla finanziandola in deficit. E oggi il Governo chiede all’Ue esattamente questo: poter spendere ancora altri 14,5 miliardi che non abbiamo. La stessa vecchia ricetta che ci ha fatto accumulare i livelli di debito che ci schiacciano e ci rendono schiavi degli speculatori e degli eurocrati di Bruxelles.