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Il razzismo prossimo venturo

Opinionista: 

Cari amici lettori, abbiamo verificato nelle scorse settimane che la casa brucia. Ora mi sembra giunto il momento di domandarci cosa dovrebbero fare e cosa invece fanno i vigili del fuoco. Ciò che si dovrebbe fare è semplice ed evidente: combattere seriamente il “califfato” e le altre entità minacciose, distruggere l’organizzazione criminale che organizza l‘esodo delle popolazioni africane e asiatiche verso l’Europa, espellere i pericolosi nemici già insediati sul nostro territorio. Chi dovrebbe provvedere a tanto? La risposta non è semplice. Cominciamo dal primo compito: combattere gli Stati e le organizzazioni criminali che ci hanno dichiarato guerra e che minacciano di invaderci e distruggerci, nonché i loro sostenitori palesi e occulti. Già, perché non c’è solo l’Isis con le sue esecuzioni di gruppo o Boko Haram con le sue mattanze; ci sono anche gli emiri che comprano le nostre industrie e le nostre squadre di calcio e, intanto, finanziano e sostengono i tagliagole. Questa guerra non può certo farla l’Italia, nazione malandata così come la democrazia l’ha ridotta. Dovrebbero farla, però, i nostri padroni al di là e al di qua dell’Atlantico. Dovrebbero farla quelli che hanno combattuto ed eliminato Saddam Hussein e Muammar Gheddafi e volevano riprovarci con Bashar al-Asad. Il guaio è che ai nostri padroni la sopravvivenza della civiltà occidentale e del cristianesimo non interessa per nulla. Non c’è, quindi, alcuna speranza di qualcosa che assomigli, sia pur lontanamente, alle crociate promosse per due secoli dai papi. Il secondo compito è certamente meno impegnativo. Si tratta, in buona sostanza, di un’operazione di polizia. Ciò nonostante, l’Italia, da sola, non può farsene carico. I nostri governanti invocano la solidarietà dell’Europa non soltanto perché incapaci di fare altro che chiacchiere, ma anche perché oggettivamente i servizi, le forze armate e quelle di polizia dell’Italietta democratica sono ridotte in tali condizioni da non poter combattere efficacemente nemmeno la criminalità spicciola nostrana. L’Europa è quella che è: un’organizzazione bancaria di dubbia moralità, impegnata a “spezzare le reni” alla Grecia e a ringhiare contro Putin per la questione ucraina. Essa manca di anima, d’ideali, di progetti e di uomini. Basti pensare che, in teoria, l’onere di rappresentarla all’esterno è affidato a una certa signora Mogherini, la quale però non si è mai vista nelle occasioni che contano (ma forse esagero, perché sulla nave militare italiana, quando Ban Ki-Moon è venuto in visita di cortesia, al fianco di Renzi lei c’era). Il terzo compito rientra, invece, nella competenza dei singoli Stati oltre che dell’Unione Europea. Il flusso migratorio investe, infatti, in primo luogo l’Italia, ma s’indirizza poi verso gli altri paesi europei, tanto che continuano le sterili discussioni fra paese d’accoglienza e paesi di destinazione (i nostri vicini possono operare quei respingimenti, che a noi sembra siano inibiti). Il flusso migratorio non giova alla nostra economia, che sopporta costi molto elevati e non ottiene vantaggi; solo le astute coop rosse si arricchiscono a spese dei contribuenti e sulla pelle dei nuovi arrivati. Se questo non bastasse, fra le decine di migliaia di migranti sbarcati sulle nostre coste ci sono, poi, centinaia di tagliagole, che spariscono e si preparano ad attuare le minacce ormai frequentemente formulate sul web. Se noi avessimo un governo, questo chiuderebbe tutte le operazioni, comunque denominate (mare nostrum, frontex o altro), tendenti a far sbarcare clandestini in Italia, pubblicizzerebbe adeguatamente la volontà di non ricevere più nessuno (come ha fatto l’Australia), avvierebbe il rimpatrio di quelli che già sono qui, imporrebbe regole severissime a quelli che avessero titolo per rimanere perché si adeguino ai nostri principi, alle nostre normative, in poche parole alla nostra civiltà (pena, in ogni caso, l’immediata espulsione). Spero che il concetto generale sia chiaro, senza che debba dilungarmi. Di tutto ciò, però, non v’è traccia non soltanto nei fatti (questo non meraviglia, dato l’andazzo) ma nemmeno nelle chiacchiere di coloro che dovrebbero reggere le sorti della nazione. Costoro si nutrono di formule come jobs act e italicus, sigle delle quali ai comuni mortali sfugge non soltanto l’importanza ma persino il significato; essi ci giocano fra il disinteresse generale, strafregandosene dei problemi che, invece, stanno a cuore della gente comune. Come possiamo pretendere, o soltanto immaginare, che preparino dei blitz per uccidere i marcanti di carne umana, distruggere le imbarcazioni e i cantieri che le producono o, addirittura, aiutare gli stati africani a consentire una vita accettabile nei loro paesi. Eggià, perché ai tempi del cattivissimo colonialismo gli africani bene o male riuscivano a vivere e non erano costretti a scappare altrove. Consentitemi di concludere questo sfogo esprimendo una mia curiosità. Quei bravi musulmani che hanno affogato i cristiani durante il viaggio godranno di asilo politico? Saranno processati qui da noi per i crimini commessi? E, nell’ipotesi affermativa, quanti anni ci vorranno? E dopo quanto tempo questa nostra giustizia, sempre pronta a reprimere i delitti di opinione, li rimetterà in circolazione? Non si tratta di un esercizio retorico. Sarebbe interessante stabilire fin dove si spinge l’umanitarismo a senso unico che sta lentamente ma costantemente concimando il campo nel quale la pianta dell’odio razziale prima o poi produrrà i suoi frutti avvelenati. Le cronache ci avvertono che la nuova Weltanschauung, imposta da coloro che vogliono abolire Dio, patria e famiglia, ha generato una carica di violenza che periodicamente esplode nelle piazze e negli stadi. Cosa accadrà quando, ineluttabilmente, scoppierà la grande guerra fra i poveri? Meglio non pensarci.