Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Il referendum confermativo, la pubblicità e la libertà

Opinionista: 

Cari amici lettori, posso mai, in questa settimana elettorale, evitare di prendere in considerazione questo voto cui siamo chiamati, sia pure limitatamente al referendum confermativo? Temo proprio di no, anche perché, in fondo, la mia scelta è stata non dico sofferta (sono ben altri i motivi di sofferenza nella vita), ma abbastanza laboriosa. La mia prima superficiale impressione mi spingeva, infatti, a votare sì: grande è l’istintiva goduria che si prova all’idea di cancellare una parte di quei nullafacenti che si spacciano per nostri rappresentanti e scialacquano i nostri soldi. Poi sono cominciati i primi dubbi: poteva mai una riforma portata avanti dai pentastellati avere un minimo di ragionevolezza e non finire come certe iniziative della Azzolina, che rimarrà nella storia per i banchi a rotelle, o di Bonafede, che è riuscito a mandar a casa tanti boss della malavita organizzata e a non riportarli in galera? Ho cominciato a questo punto a considerare i particolari e sono cominciati i primi seri dubbi. Restano i rappresentanti degli italiani all’estero. Beh, non è grave. Restano i senatori a vita. Mannaggia, speravo proprio che ci volessero liberare da Mario Monti e del suo sponsor Giorgio Napolitano! In quel caso, non avrei avuto dubbi: sì, sì, sì e ancora sì; ma quel caso non si dà. Restano le due Camere: una cosa senza senso in un paese che non ha le gentes e i patres familiarum dei romani antichi, non ha i Lords, non ha gli stati federati e, soprattutto, non ha i grandi vecchi considerati tanto saggi da chieder loro consiglio. Restano le funzioni indifferenziate: le due accozzaglie continuano a votare a turno le stesse proposte finché sono d’accordo. La riforma costituzionale avrebbe un senso soltanto se si differenziassero le funzioni, ad esempio, come suggerisce Violante, assegnando a una il controllo delle leggi e all’altra il controllo del bilancio. Poi sono stati fatti i conti in tasca alla riforma: si è scoperto che il risparmio è veramente risibile se raffrontato al volume delle spese che lo Stato fa con i nostri soldi: vien quasi da pensare che, in un caso del genere, valga il principio secondo cui “il risparmio non è guadagno”. La spesa, poi, potrebbe essere ridotta con un adeguato controllo esterno sulle spese parlamentari che, purtroppo, non si riducono agli stipendi degli eletti. Molti autorevoli costituzionalisti si sono pronunziati per il “no”. La principale osservazione è che una riduzione pura e semplice del numero dei parlamentari, senza una profonda riforma dell’attività delle camere, sarebbe una stupida operazione di facciata. La riforma dovrebbe essere assai più ampia, altrimenti avrebbe l’unico effetto di limitare la scelta degli elettori e consentire alle segreterie dei partiti di scegliere, ancor meglio di come facciano adesso, chi deve essere eletto. Simile, ma non coincidente, è l’altra critica: questa legge, tipica dei cinque stelle, dovrebbe essere un primo passo verso altre riforme indispensabili, come la limitazione dei provvedimenti governativi di urgenza, ove s’inzeppa tutto e il contrario di tutto e poi, magari, si chiede l’approvazione al buio con la fiducia. Occorre sì limitare qualcosa, per salvare quel poco di democrazia che sembra esistere ancora, ma si tratta dei poteri del governo, non dei numeri dei parlamentari. In buona sostanza, si tratta di concludere qualcosa, non di prendere in giro la gente come si è fatto con il reddito di cittadinanza: esso, anche a prescindere dalla scelta dei beneficiari troppo spesso in odore di malavita, non è stato mai seguito da quello che avrebbe dovuto essere l’obiettivo finale dichiarato, cioè il conseguimento di un posto di lavoro. Mi rendo conto che l’argomento non è divertente e non posso tediarvi più a lungo. Mi esprimerò allora sinteticamente: questa riforma e il conseguente referendum fanno pensare più a uno spot pubblicitario che a un programma d’informazione. Io odio gli spot pubblicitari, nei quali manca, per principio, qualsiasi nesso fra le immagini che dovrebbero lusingare il consumatore e il prodotto che gli si vuole rifilare. Oltretutto ti molestano impedendoti di seguire la trasmissione interrotta, così come referendum e riforma provano a distrarti dai vari guai del malgoverno, dalla crisi economica a quella sanitaria, dalla mancanza di sicurezza all’invasione musulmana, dalla censura sempre più oppressiva alla distruzione delle fondamenta di quella che è stata la nostra civiltà. Rifiutiamoci allora di comprare roba che non ci serve e di accettare leggi che ci servono ancor meno. Voterò no, perché non mi sento una pecora. Voglio difendere ciò che resta della libertà.