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Il segreto inconfessabile e la strage della verità

Opinionista: 

E fatelo diamine. Ma che aspettate? Ora basta con lo scandalo dei finti annunci. Il 2 agosto scorso c’è stata la solita parata di autorità per ricordare la maledetta strage consumata a Bologna 41 anni fa. Uno solo l’obiettivo: riaffermare l’assoluta e indiscutibile certezza della matrice neofascista di quell’orribile attentato. La Guardasigilli, Marta Cartabia, si è detta favorevole alla rimozione del segreto di Stato «sui documenti che possono avere connessione con la strage di Bologna». Ottimo. Si tratta di una dichiarazione molto importante, che però va integrata con il riferimento alle carte coperte dal segreto che hanno un legame con la strage di Ustica. Nei documenti, infatti, le informazioni sui due massacri s’incrociano. La speranza è che stavolta - almeno stavolta - alle parole seguano i fatti. Un mille altre occasioni analoghi proclami sono rimasti lettera morta: perché si continuano ad annunciare desecretazioni che non avvengono mai? Semplice: perché in quelle carte c’è la più clamorosa smentita della tesi che in tutti questi decenni è diventata la vulgata storica e giudiziaria intoccabile e inappellabile. In quei documenti, infatti, c’è un’altra verità. Più complessa, meno comoda e decisamente più imbarazzante per lo Stato italiano di quella propinataci fino ad oggi. È la conferma di una storia di cui il “Roma” parlò minuziosamente durante gli anni della commissione parlamentare sul dossier Mitrokhin e in quelli seguenti, facendo emergere una serie di documenti del Sismi (il Servizio segreto militare dell’epoca) e non solo, da cui risultava nitidamente la cosiddetta pista palestinese. Sintetizzando all’osso: la strage fu una ritorsione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina contro l’Italia, ritenuta “colpevole” di aver sequestrato a Ortona due missili che appartenevano all’Fplp e di aver arrestato, tra gli altri, Abu Anzeh Saleh. L’uomo, ufficialmente studente fuori corso residente proprio a Bologna, era in realtà il capo della struttura clandestina in Italia dell’Fplp, a sua volta legata all’organizzazione del superterrorista “Carlos lo sciacallo”. Il Fronte non ebbe dubbi: era stato violato il cosiddetto “lodo Moro”. Grazie a quell’intesa - uno dei tanti casi di “diplomazia parallela” - era previsto che in cambio dell’impunità nei confronti dei terroristi e del passaggio di armi ed esplosivi sul suolo nazionale, i palestinesi non avrebbero compiuto azioni violente in Italia o contro interessi italiani all’estero. La stipula degli accordi venne affidata al colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut e uomo della massima fiducia di Aldo Moro. Un accordo che doveva restare rigorosamente segreto. Ad ogni costo. L’operazione di Ortona, il processo e la condanna in primo grado subita da Saleh, cambiarono tutto. Da allora iniziò un’escalation di minacce palestinesi di ritorsione all’Italia per ottenere la liberazione dell’uomo dell’Fplp, le ultime delle quali furono segnalate dai nostri Servizi poco prima della strage. La pista mediorientale dà finalmente un movente chiaro, coerente e univoco alla bomba, all’interno di un contesto interna zionale che vedeva Roma terrorizzata dalla possibilità che potesse emergere quell’intesa inconfessabile, mentre i terroristi con la kefiah colpivano regolarmente i nostri alleati occidentali. La conferma di tutto ciò è in quelle carte, la cui segretezza è stata reiterata nuovamente un anno fa. Che lì dentro si nasconda qualcosa d’innominabile lo ha ammesso finanche la stessa presidenza del Consiglio dei ministri quando, attraverso il Dipartimento informazioni per la sicurezza (Dis), rispondendo a Giuliana Cavazza De Faveri, presidente dell’Associazione per la verità su Ustica, ha affermato che «rimangono segretati i documenti relativi alla attività del Sismi a Beirut a cavallo tra gli anni Settanta-Ottanta, sui quali a suo tempo fu apposto il segreto di Stato, permanendo l’idoneità ad arrecare in caso di divulgazione un grave pregiudizio agli interessi essenziali della Repubblica». La verità sulla strage non può ancora essere raccontata.