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Inquinamento, serve un piano metropolitano

Opinionista: 

Il decreto fiscale del Governo ed il Patto per Napoli, siglato da de Magistris e Renzi, contribuiranno, con le risorse stanziate, a dare una salutare boccata d’ossigeno al trasporto pubblico locale che è il vero tallone d’Achille della mobilità ed anche un pesante fardello per l’ambiente. Sotto quest’ultimo aspetto, infatti, preoccupa l’elevata vetustà dei mezzi pubblici circolanti, soprattutto nella nostra area metropolitana. Benché il problema sia di rilevanza nazionale (l’Italia presenta il parco bus con l’età media più alta d’Europa), è al Sud che raggiunge livelli allarmanti. Nel nostro Paese, i mezzi non catalitici, con un’età superiore a 20 anni, rappresentano il 13,6% degli autobus pubblici; tale percentuale sale a 21,6% nelle regioni meridionali e insulari, e si attesta al 18,8% a Napoli. In pratica nella nostra provincia 1 bus su 5 è Euro 0. Tradotto in numeri, significa che 487 mezzi, vecchi e pericolosi, sono liberi di circolare e di avvelenare l’aria, visto che, sul piano delle emissioni di particolato (Pm10), inquinano tanto quanto 488.461 vetture a benzina Euro 3. Si tratta di un problema serio che, peraltro, rischia di vanificare tutti quegli sforzi dell’Amministrazione comunale tesi alla tutela della qualità dell’aria e, quindi, della salute pubblica. La mobilità costituisce, però, solo una delle sorgenti nocive, e nemmeno la più considerevole, da tenere sotto controllo; perciò non si può ignorare che al suo interno, fra le varie modalità, esistono significative differenze in termini di impatto ambientale. Oltre alla notevole incidenza dei veicoli non catalizzati nell’ambito del trasporto pubblico su gomma, va sottolineata pure l’elevata obsolescenza dei mezzi commerciali (il 30,8% di essi è Euro 0). In pratica, due tasselli fondamentali per l’organizzazione delle attività sociali, lavorative ed economiche, quali appunto i mezzi di trasporto pubblico e delle merci, sono vere e proprie “bombe ecologiche”, nocive per la stessa collettività di cui, paradossalmente, sono al servizio. In queste condizioni, quindi, intervenire solo sulla mobilità privata, prevedendo divieti generalizzati e programmati, è una scelta sterile che rende pressoché inutili i sacrifici richiesti ai cittadini-automobilisti. A meno che non si vogliano considerare questi provvedimenti come misure di regolazione del traffico, cosa ben diversa dalla motivazione ambientale. Restando in tema di inquinamento, invece, occorre far presente che sono altre le sorgenti da attenzionare, specialmente in previsione dell’arrivo della stagione invernale: gli impianti di riscaldamento soprattutto, con la crescente diffusione delle stufe alimentate con pellet di legna. La prima causa di formazione delle polveri sottili ed ultrasottili è, infatti, proprio la legna, quella stessa utilizzata nei forni delle pizzerie che dilagano nella nostra città, come in ogni altra parte d’Italia, con canne fumarie sulla cui qualità è legittimo nutrire, nella maggioranza dei casi, forti perplessità. Senza con ciò trascurare le classiche caldaie a gasolio che abbondano in tanti condomini ove permangono impianti centralizzati ormai datati. Discorso a parte merita il Porto dove pure si sta tentando di attenuare il peso delle emissioni delle navi in rada, con la previsione, fra l’altro, del cambio di combustibile per gli apparati ausiliari tenuti in funzione durante l’ormeggio. Ma, senza l’elettrificazione delle banchine, sarà dura conseguire significativi risultati. Speriamo che, superata la fase commissariale, si riescano, finalmente, ad intraprendere iniziative più efficaci per il perseguimento di questo salutare obiettivo. Il discorso potrebbe continuare chiamando in causa i numerosi cantieri presenti in città, lo scarso lavaggio delle strade, l’influenza delle condizioni climatiche, le fasi di carico e scarico delle merci che in città si svolgono in qualsiasi orario e con limitazioni solo sulla carta ecc. Per non parlare delle condizioni delle poche centraline di monitoraggio, peraltro incapaci, allo stato, di fornire un quadro realistico del fenomeno. Il problema ambientale, insomma, non può più essere affrontato con eterne terapie d’emergenza che servono solo da alibi per gli amministratori pubblici. Occorre, invece, una strategia di ampio respiro che definisca le direttrici da seguire nei confronti di tutte le fonti di inquinamento atmosferico, individuandone l’effettiva consistenza e localizzazione. Insomma, un piano di interventi coerente e condiviso nell’ambito dell’intera area metropolitana per evitare il rischio che i provvedimenti adottati per Napoli possano poi essere inficiati dall’immobilismo dei comuni limitrofi.