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L’amore perduto e mai ritrovato

Opinionista: 

Girando lo sguardo intorno a noi, osservando un mondo che non sembra essere più a misura della nostra umanità e che ci aliena, invece di esaltare, il nostro spirito di relazione e di convivenza civile, tanto da sentirlo lontano e nemico, perfino negli affetti più cari, nel legame una volta indissolubile con la nostra terra e con la nostra gente, il senso di sconforto e avvilimento che ci assale è talmente forte e pungente da rinserrarci, nostro malgrado, nella solitudine più arroccata ed egoistica. È una constatazione amara che nasce e si consolida purtroppo ogni volta che un nuovo giorno nasce su questa nostra terra martoriata e vilipesa, che cerca di dare luce ad un'oscurità morale, ad un caos legislativo, amministrativo e giuridico che sconcertano e seminano dubbi, paure e disaffezioni fino alla più completa indifferenza, e alle pericolose conseguenze di quel desiderio autarchico di gestire il proprio vissuto e ricercare il proprio tornaconto, alla faccia di una società che ha dentro di sè il seme della propria implosione. Quanto detto non si configura in una opinabile e velleitaria teoria eticofilosolica, ma è la risultanza di semplici ed evidenti osservazioni di atteggiamenti, eventi e casistiche ripetitive, di comportamenti pubblici e privati al limite della inaffidabilità istituzionale, che paradossalmente gettano ulteriore discredito su uno "status" emblematico italico, e rendono comprensibile l'idea eurotedesca di un Paese allo sbando, da controllare con attenzione e da "gestire" con malcelato padrinaggio politico ed economico: siamo di fatto sotto protettorato europeo, siamo lo scolaro negligente e con le problematiche degne di una maestra di sostegno. Perché e come siamo potuti arrivare a tal punto? Sarebbe interessante un piccolo saggio con capitoli brevi ma istruttivi, e forse, un giorno, qualcuno sarà così coraggioso da affrontare l'argomento, con indipendenza intellettuale e una voce fuori dal coro, ma intanto, dal mondo a casa nostra, in un ideale gioco di cerchi concentrici, c'è materia per qualche considerazione in brevilinea. Osservando le schermaglie economiche tra Grecia e Europa, sembrano tornare alla mente le guerre persiane: città-stato indipendenti ed autonome, con una propria tradizione e cultura decise a non assoggettarsi al monolitico e arrogante diktat di un impero formato più da un'accozzaglia di genti e paesi, che retto da un comune senso di appartenenza culturale e politica, assoggettato da una tirannia economica di tasse e balzelli, e di coscrizioni obbligatorie. Le città-stato greche dimostrarono che il gigante aveva piedi d'argilla, cosa può dimostrare oggi una Grecia che sembra aver perso quell'identità e quell'orgoglio, e che come allora, dava credito all'arroganza del potere persiano con la continua litigiosità delle sue "polis"? E quanto simile a quell'impero risulta oggi questa Europa? In questa Italia, in cui veterocomunisti e marxisti non trovano di meglio che "fraintendere" fra i propri filosofi e pensatori quel Papa Francesco, che venendo dall'altra parte del mondo, quella dei governi dittatoriali e delle rivoluzioni proletarie più schiette per intenderci, ha lanciato un monito durissimo ai gestori dell'economia mondiale e ai colpevoli dello sfruttamento dei popoli, e li ha spiazzati ancora una volta, costringendoli a guardarsi intorno come randagi o anime in pena abbandonate alla loro secolare incapacità di formulare progetti innovativi senza l'ardore rottamatore, cosa può essere preso ad esempio costruttivo ed intrigante? Nulla. La cultura è asservita al potere, che dispensa i suoi favori contributivi in base alla compiacenza editoriale dei suoi premi letterari, e riduce gli stessi a coloro che tentano di erogare un servizio d'informazione pubblico e indipendente, solo perché non in sintonia con il linguaggio fiorentino, mentre gli adulatori di ieri sono i contestatori di oggi, secondo il teorema della banderuola. L'istruzione è solo un'idea peregrina, e se qualcuno ha i requisiti, deve rivolgersi a chi ne comprende le potenzialità, e magari avrà la fortuna che quello stesso curriculum, spedito in giro per l'Italia e ritenuto insufficiente, venga accettato con pieno merito e senza raccomandazioni dalla Nasa. Una magistratura in una continua guerra intestina, avvilente e fumosa, su regole così caotiche da far concepire interpretazioni anarchiche, sul piano nazionale e regionale, ci consegna l'ennesima figuraccia dinanzi agli occhi di un mondo esterefatto: la Campania ha un governo a giorni alterni e un governatore fantasma, che agita già i sonni del Renzi nazionale, da qui al 2018, e intanto problemi impellenti come sanità e occupazione giacciono nel marasma profondo, e il cittadino campano, ancora più vessato, gira lo sguardo, sempre più intollerante altrove, nella speranza che lo strazio quotidiano abbia termine. L'unica presenza tragica nella sua staticità è la criminalità camorristica con il suo sangue quotidiano. È la frantumazione finale, la frammentazione dell'etica del convivere, la fine degli ideali sognati e conosciuti; assistiamo alla fine di un Evo, al disamore per una Patria che ti smarrisce e ti abbrutisce e che non ti offre possibilità di un futuro migliore, perché essa stessa, attraverso le sue istituzioni e gli ambigui camminamenti della sua trincea virtuale, si adegua e si trasforma come un camaleonte, soltanto perché tutto resti immutabile, in una terra dove le regole del gioco della vita sono truccate dall'inizio, e perciò l'amore perduto non sarà mai ritrovato.