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La corsa ad ostacoli verso la Casa Bianca

Opinionista: 

La prima volta nella storia di una donna candidata alla Presidenza del più potente Stato al mondo coincide con una campagna elettorale con indubbia difficoltà che sarà, al di là di un confronto culturale e manageriale, molto muscolare e tendente a scadere nel “peggior gossip politico e personale”, come mai prima d’ora. Ascoltando e leggendo i commenti dei cosidetti "americanisti" sembra di cogliere chiaro la diffusa opinione che, a torto o a ragione, sia Donald Trump a dettare i tempi del gioco e a riscrivere l'agenda delle priorità costringendo la Clinton a giocare in difesa e contropiede: non sappiamo se ciò è vero e crediamo che ci siano altre chiavi di lettura per la futura strategia elettorale abbozzata già nel discorso di investitura e nelle risposte al tycoon che ha "espropriato" di fatto ed a furor di un popolo qualunquista e pauroso la prassi consolidata dell'investitura repubblicana. Osservando con quanta attenzione i relatori e la Clinton hanno deciso di controbattere alle volgari affermazioni ed offese di un Trump che in questi mesi si è rivelato, nella sua contraddittoria analisi dello stato dell'unione e della sua politica estera, sommario, generico, inconcludente, pacchiano, irriguardoso verso altri paesi, catastrofico e settario ai limiti dell'omofobia e di un neo razzismo, ma così prevedibile da fare breccia nello strato più retrivo, nazionalistico ed isolazionista dell'elettorato americano, non possiamo che condividere tale metodo: il toro va preso per le corna, perchè è solo un animale furioso, pertanto pericoloso nella sua ignoranza ed arroganza di oscuro selfmade man. La scelta strategica dei democratici ci fa tornare alla memoria una condotta ben diversa e "colpevolmente distratta" che fu attuata dai partiti italiani quando sullo scenario nazionale apparve la Lega VenetoLombarda di un certo Bossi, che scuoteva gli umori anticapitolini ed antiitaliani di una mediocre classe ex rurale imborghesita, tuonando contro scandali e mariuoli istituzionali, e che s'insinuò, appunto come Trump, nelle lasse maglie di una classe politica incapace di un rinnovamento strutturale. Il pericolo fu sottostimato come un folkloristico fenomeno locale...e tutti, specialmente al sud, sappiamo quale iattura ha rappresentato per la storia politica, economica e istituzionale di questa Italia sbandata. Il fenomeno Trump va affrontato senza titubanze o erronee valutazioni: l'uomo non è nessuno, ma il movimento frustrato e il rimpianto di un'opinione pubblica per una forma di "grandezza perduta", sono da controbattere con energia, con programmazioni efficaci e ragionevoli, senza scadere nella corsa all'assistenzialismo di stato così inviso al concetto libertario americano, ma impegnandosi ad una più equa ridistribuzione di oneri e pesi fiscali, diritti alla salute ed all'istruzione, abbattendo le "forche caudine" di mutui costosi che spesso le famiglie sono costrette a sottoscrivere per offrire una chance competitiva ai propri figli, nonchè una rinnovata identità pacifista e deterrente verso le spinte oltranziste e le velleità fondamentaliste islamiche o di una "nouvelle vague" di imperialismi e protagonismi emergenti da altri paesi. Perciò, ben venga condividere le tesi di Sanders, ma in questa campagna presidenziale, il fattore nuovo che non ci sembra considerato abbastanza sinora dai soliti corrispondenti ed opinionisti è la scelta del "compagno di viaggio" fatta dalla Clinton, Tim Kaine come vicepresidente. Senatore, ex governatore della Virginia, cattolico di formazione gesuita, avvocato che ha dedicato un anno sabbatico ad una missione sociale in Honduras fra la povera gente, ha una innata capacità sincretica e diplomatica di combinare una visione liberale e moderata, ben accetta alla intimorita classe benestante repubblicana. Da sempre vicino agli ispanici ed all'etnie minoritarie, ha avuto coraggio e franchezza nel dichiararsi contro l'aborto, pur rispettando l'approvazione di leggi laiche e radicali, ha condannato la pedofilia nel clero statunitense, è convinto della missione sociale nonchè rappresentativa della carica a cui aspira, e discreto esperto di problemi internazionali. Secondo noi, Kaine è il vero asso nella manica della Clinton, un ponte verso i cattolici alla ricerca di una identità rinata e coriaceo compagno contro i trabocchetti di Trump sul cammino della vittoria.