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La politica, i talk-show ed il passo indietro

Opinionista: 

Arrivano le Amministrative e anche i talk- show, inevitabilmente, ne risentono. È tempo di sottili equilibrismi, di attenti bilanciamenti tra par condicio e semplici inviti legati all’ attualità quotidiana. La realtà è che, ormai, anche la sovraesposizione  mediatica della classe politica in tv inizia a mostrare la corda. Le trasmissioni hanno bisogno di essere sempre più urlate, di offrire scontri, contestazioni, risse verbali pur di attirare un minimo di audience. E molti rappresentanti della classe politica si offrono spesso a questa deriva, pur di essere invitati, pur di rendere minimamente sulfurea la trasmissione. Ma il vero problema, a questo punto, è probabilmente un altro. Ha ancora realmente qualcosa da dire la maggior parte dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei consiglieri comunali che affollano, settimanalmente, i nostri schermi? Mettiamo un attimo da parte i candidati sindaci che hanno la necessità di farsi conoscere, di esporre, in questa fase, i loro programmi, le loro idee in vista del test elettorale. Ma molti altri che ci fanno quotidianamente in tv? Tra l’altro, i talk-show sembrano, ormai, avere un percorso fin troppo scontato. Qualcuno inizia elogiando le iniziative e il ruolo della maggioranza, qualcun altro le contesta, i servizi di contorno sono tutti incasellati sul taglio e sulla lunghezza d’onda che il presentatore intende dare e la sensazione che se ne ricava è quella di un esercito di contraddizioni che sfila puntuale da una parte e dall’ altra. Insomma, sembra a questo punto davvero opportuno che le partecipazioni televisive non siano tanto legate all’amicizia con questo o quel politico, alle pressioni degli uffici stampa dei singoli partiti, alle frasi ad effetto pronunciate a caccia di un titolo sul giornale ma, invece, soprattutto, alle reali capacità dell’ interlocutore, alla sua capacità di far comprendere con parole facili cose difficili, a quel minimo di background intellettuale, culturale, di analisi e di studio che può aiutare il telespettatore a decifrare il difficile magma della politica. Se tutto questo non c’è, se l’interlocutore giusto non è disponibile, allora meglio qualche giornalista, reale esperto della materia, meglio qualche accademico che non debba lanciare in tv il solito libro ma, semplicemente, contribuire alla ricchezza del dibattito, meglio gente che abbia vissuto sul campo l’ esperienza di cui si parla. Evitando le domande a trabocchetto, i servizi che orientano in un senso o nell’altro, il solito, banale scontro di chi governava prima e chi governava dopo. In un’epoca in cui molti politici non riescono ad essere interlocutori culturalmente e politicamente credibili di un talk-show è, forse, ora di ammainare le vele ed offrire ad ogni dibattito un taglio diverso, magari più ispirato alle intelligenze di chi ascolta. Allontanandosi dal cannibalismo quotidiano di chi trasforma eternamente la stessa tv di Stato in un conflitto senza confini, nel quale, banalmente, rischia di prevalere sempre l’odio, l’ insulto, la prevaricazione e non il semplice, costruttivo confronto delle idee.