Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

La protesta di piazza, debolezza del sindaco

Opinionista: 

È molto discutibile che sia effettivamente ingiusto il debito gravante sul bilancio del comune di Napoli per effetto d’attività amministrative seguite al sisma del 1980 ed all’emergenza rifiuti. Non mi pronuncio, è ovvio, sulle ragioni giuridiche per le quali sia maturata una tale massa debitoria – aggravata non poco dalla sanzione della Corte dei conti, seguita alla sua cattiva gestione contabile da parte dell’amministrazione in carica; non conosco i titoli delle pretesa, anche se una certa esperienza di quelle vicende non mi lascia pensar bene. Il problema se sia equo imputare al Comune questo debito è alquanto diverso. Perché se è vero che le somme sono maturate sotto gestione commissariale, è anche vero che i creditori son divenuti tali in ragione di funzioni esercitate nell’interesse della città, non del governo o del sindaco in veste di commissario. Se la legge ha imposto ai giudici di condannare il Comune, non è che l’abbia fatto senza ragione; ma semplicemente perché quelle funzioni sono state svolte in nome del Comune, sia pure attraverso i poteri straordinari che nel 1980 furono assegnati al sindaco (ed al presidente della giunta regionale) al fine di consentire d’affrontare l’emergenza con procedure più snelle, derogatorie ed appropriate a fare fronte alle incombenti difficoltà. Questo è tutto. Anzi, proprio tutto non è, perché di quei poteri, come hanno provato non pochi processi, penali e contabili, si fece ampio abuso, per favorire e favorirsi; ma questa è altra questione, molto più generale, che riguarda la selezione dei soggetti chiamati a svolgere le pubbliche funzioni: ed, ovviamente, non riguarda solo il comune di Napoli, ma l’intero territorio dello Stivale. Comunque, ammesso pure ci sia dell’ingiustizia che non andrebbe processata con le regole del sordo giure, e che dunque Napoli meriti uno speciale trattamento – anzi, secondo il sindaco lo meriterebbero tutti i Comuni d’Italia, quando si trovassero in analoghe condizioni – a me pare la posizione del sindaco piuttosto debole proprio sul piano politico. Anzitutto, mi sembra chiaro che la sua iniziativa – invocare la piazza – sia un segno di per sé di grande debolezza, istituzionale e personale. A parte che non s’è compreso cosa ne è stato di quella sbandierata soluzione al problema che sarebbe stata data dopo il noto incontro di metà marzo a Palazzo Chigi; il sindaco fece sapere che il governo avrebbe assunto il debito, ma così evidentemente non dev’esser stato. A parte ciò, è evidente che se il capo della terza città d’Italia, la prima del Mezzogiorno, ha la necessità di convenire in piazza qualche migliaio di persone per protestare come un quivis de populo, il suo peso politico dev’essere assai meschino. E se lo fa poi quando nemmeno c’è il governo in carica – il suo naturale interlocutore – le cose proprio non devono andar bene. La protesta di piazza è, tra le possibili forme di pressione sugli organi chiamati a decidere, quella che manifesta la maggiore debolezza, perché la meno istituzionalizzata, nata in genere dalla disperazione e che, se non è in grado di diventar qualcosa di serio e temibile, lascia il tempo che trova, in pratica serve in genere a poco. Perché qualcosa come la protesta di de Magistris condizioni davvero le scelte della politica, dovrebbe essere in grado di movimentare analoghe azioni in altri posti d’Italia, accompagnandosi ad ulteriori forme più costituite di pressione, ad esempio appoggiandosi seriamente alla rappresentanza parlamentare, associandosi a credibili entità economiche e sociali, articolando istanze sostenibili e concrete. Tutto questo a me pare non solo non sia ma nemmeno sia all’orizzonte. Non vedo cioè chi potrebbe essere disposto a farsi carico della ‘causa’ di Napoli, meglio, della causa così personalisticamente avanzata dal sindaco di Napoli, messosi alla testa d’una manifestazione organizzata di piazza, ormai nella declinante parte del suo secondo mandato, quando dopo oltre sette anni di amministrazione si trova con conti disastrati (non certo per colpa del Cr8) e senza alcuna possibilità di gestirli: ovvero con la possibilità di gestirli attraverso un dissesto che si sarebbe dovuto dichiarare sette anni orsono e che egli si è ostinato a non voler deliberare, trovandosi oggi nelle prevedibili peste in cui versa, lui e la disastrata città. Chissà, è pur possibile che qualcuno dei dirigenti politici attualmente di successo s’appropri della questione per farsi attraverso di essa eroe. Ma si può esser certi che se lo farà, sarà nel modo per lui più conveniente, per lui non per la città e tampoco per de Magistris.