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La vera pandemia è la crisi economica

Opinionista: 

Gentile Direttore, la “scorpacciata” di festa avvenuta mercoledi a Napoli, dopo la conquista della Coppa Italia contro la Juventus, ha assunto, come al solito, toni da “evento epocale”, perché Napoli fa sempre notizia, nel bene e nel male. Stavolta sto con De Luca, che, tirato in ballo maldestramente da Salvini e la Meloni, ha risposto con il consueto linguaggio colorito alle critiche che gli venivano mosse, per non aver impedito l’enorme assembramento nelle piazze principali della nostra città, in contrasto con le norme antiCovid. Su questo si è “scomodata” anche l’Oms, che subito ha apostrofato, tramite il professor Ranieri Guerra, direttore aggiunto della Organizzazione mondiale della Sanità, “sciagurati” i tifosi scesi in piazza, senza mascherine e distanziamenti sociali. Il professor Guerra ha tirato in ballo l’esempio della partita Atalanta-Valencia, dove l’assembramento senza cautele dei tifosi contribuì al diffondersi della pandemia nella città di Bergamo. Per fortuna (nostra), Guerra si è “ricordato” che Bergamo e la Lombardia sono state l’epicentro del Covid-19, mentre la Campania è stata la Regione a più basso tasso di epidemia, con zero contagi negli ultimi tempi. Chi muove queste critiche, anche feroci, contro la nostra città e i suoi cittadini, lo fa perché ha sempre ritenuto che la nostra società fosse plasmata da un “virus” endemico: l’indifferenza e la “strafottenza”, mista, poi, ad una inguaribile voglia di non lavorare e di divertirsi alle spalle degli altri (il solito, “sgobbone” è il Nord, ovviamente). Oggi, poi, a questa atavica, negativa considerazione (ricordiamoci le “famose” affermazioni fatte in tv che in Campania il virus non aveva attecchito, perché… si lavora di meno e la vita è meno convulsa!) si aggiunge l’aspetto anche politico, in prossimità delle elezioni regionali, per cui il Coronavirus viene “sfruttato” a seconda l’esigenza: a favore, se la pandemia non si è diffusa; a disfavore, se le misure di contrasto sfuggono al controllo. Non mi piace né l’una né l’altra tesi: tutto il Sud, e non solo la Campania, ha avuto una minore diffusione della pandemia, e le misure adottate tempestivamente sono una “concausa” del contenimento, ma certamente hanno contribuito soprattutto fattori climatici, di minore inquinamento, od ancora altro, visto che gli stessi scienziati ancora non hanno individuato la vera causa della pandemia. “Ho letto” anche, però, una certa sorta di rammarico in alcune dichiarazioni di chi è al di sopra della linea Gotica, come se imprecasse non per la vastità della malattia nelle proprie città, ma che questa non fosse avvenuta al Sud, e, più specialmente a Napoli. Quando ci fu il colera nella nostra città, i mass-media nazionali e internazionali reagirono come se fosse accaduto qualcosa di naturale: solo una città “caotica, sporca, lazzarona” come la nostra poteva rigenerare una malattia che è stata dal Medioevo in poi classificata come la “malattia di chi non si lava”. Quel fatidico agosto del 1973 portò il colera nella nostra città non solo, ma anche nelle zone costiere della Puglia e della Sardegna. Tuttavia, i casi globali furono 278 e i morti 27. Nessuno ci aiutò, se non noi stessi, con l’eccellenza, già da allora, dell’Ospedale Cotugno. Nessun politico si gloriò del contenimento; anzi. Eppure, da allora ci portiamo addosso l’epiteto di “colerosi”, come amabilmente usano chiamarci i cosiddetti tifosi del Nord. Subiamo gli insulti; reagiamo con la folcloristica “ Giulietta è una p...”, ma incassiamo con la nostra proverbiale “filosofia di vita”, frutto di millenaria civiltà, che è concetto ben diverso e distante dal “progresso“ o “benessere“. Chi non vive a Napoli, ma soprattutto chi non ci vive per necessità lavorativa, ma è napoletano nel cuore, non potrà mai capire cosa significhi una coppa vinta contro la Juve. Mio figlio che è notaio a Piacenza (centro della pandemia), con moglie e 2 figli napoletani, il più grande dei quali, Alessandro di 13 anni, va a scuola con in borsa il gagliardetto del Napoli, infischiandosi che i piacentini sono per la maggior parte juventini, mi ha telefonato subito dopo la conquista della Coppa Italia, mentre dalla finestra di casa gridava evviva, anche per una liberazione da tre mesi di lockdown in una città epicentro della pandemia. Gli episodi del solito teppismo e delinquenza, tipici non solo di Napoli, ma di tutte le grandi città del mondo, sono da condannare senza dubbio, ma, per favore, lasciamo almeno uno schiamazzo notturno ad un popolo che ha diligentemente mostrato saggezza e contenimento, “ prigioniero” nella propria casa per tre mesi. Non ne posso più di vedere il povero direttore della Protezione Civile, Borrelli, fare il “necroforo” giornaliero della conta dei morti da Coronavirus, mentre il più “fortunato” Arcuri ci propinava acquisti e acquisti, a cominciare dai “fantasmi” dei milioni di mascherine mai arrivate. Lasciateci gioire, senza polemiche pretestuose, specie se con le vostre interessate “battute”, dimenticate le migliaia di cittadini morti senza nemmeno il conforto dei familiari. Fatevi pure (se potessi, fermerei questa squallida commedia) la vostra campagna elettorale “sfruttando”, nel bene e nel male, la pandemia. Oggi siamo felici per la vittoria sull’”amata“ Juve. A settembre ci aspetterà non solo il solito ritornello che tutti hanno vinto le elezioni. Ci aspetterà, purtroppo, una pandemia ben più grave: quella della monumentale crisi economica che non farà uscire di casa la gente, non per il contenimento del “ritorno” (speriamo dio no!) del virus, ma per il contenimento della spesa delle famiglie, per mancanza di soldi.