Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Lavoro, invertire tendenza per svestire la “maglia nera”

Opinionista: 

Ancora una volta i numeri confermano che purtroppo è proprio la Campania ad indossare la “maglia nera” sul versante dell’istruzione e del lavoro. Nel Nostro Posto, secondo i report relativi all’andamento del 2022, il numero dei cosiddetti “neet” (i giovani nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano) è pari al 34%. È una cifra che ci colloca nuovamente non solo in fondo alla classifica del Mezzogiorno, ma del Paese e addirittura dell’Unione europea. Davanti a questo quadro drammatico - ancor di più perchè reiterato - non si può continuare a scrollare le spalle o a lamentarsi come se si trattasse del frutto avvelenato di un destino avverso. Bisogna invece prendere atto del fallimento e prima di tutto analizzarne le ragioni. Due elementi balzano subito all’occhio. Il primo è sicuramente la stagnazione del nostro sistema produttivo che si riverbera immediatamente sulla quantità e ancor di più sulla qualità dell’occupazione. Il secondo, invece, è relativo ad una dinamica nuova e diversa che - qui trova ragioni per amplificare i propri effetti - ma che coinvolge l’intero Paese ed ha a che fare con la “filosofia del lavoro”. Più volte ho sottolineato che nel Nostro Posto è venuta gradualmente a mancare una visione di governo, progettuale e di programmazione, senza la quale è impensabile un rilancio dell’economia. In Campania - la regione più giovane d’Italia - continuiamo a scontrarci, ormai da 8 lunghi anni, con l’immobilismo dell’amministrazione regionale. Non è un mistero: restano lettera morta gli interventi necessari e le misure efficaci da utilizzare per superare l’impasse; si continua a non affrontare le crisi che attanagliano le aziende (soprattutto le piccole e medie imprese), e di conseguenza le difficoltà di imprenditori e lavoratori; mancano del tutto strumenti per sostenere il pur enorme flusso di energie positive e progetti seri che costantemente sgorga dal tessuto umano di questa nostra terra. Anzi emergono, nei fatti, in maniera sempre più chiara, inadeguatezza e incapacità gestionali delle istituzioni locali, vengono a mancare i fattori necessari per avviare quelle politiche attive del lavoro che sono alla base dell’occupazione e del reinserimento di chi il lavoro l’ha perso. Senza parlare delle centinaia di milioni di euro di fondi europei che continuano a restare chiusi nel cassetto e che non vengono spesi; della mancanza di percorsi per creare un collegamento stabile e virtuoso di continuità tra scuola e lavoro; dell’inesistente sostegno al lavoro di qualità, per non parlare del dato più allarmante e drammatico, quello dei numeri a cui è inchiodata l’occupazione femminile. Ma sarebbe riduttivo e semplicistico fermarsi a questo solo aspetto del problema, perché bisogna fare i conti con i tempi e con un nuovo approccio, proprio da parte dei giovani (la principale risorsa del Paese), all’idea stessa di lavoro. Un dato su tutti deve far riflettere: nei primi nove mesi dello scorso anno, a livello nazionale, si è registrata un’ondata di dimissioni che ha portato un milione e 600mila dipendenti a lasciare la vecchia occupazione. Il numero è ancor più significativo se lo si rapporta a quello dello stesso periodo del 2021: l’aumento è superiore del 22%. Questo sta a significare che anche nel nostro Paese si sta profondamente radicando una nuova “filosofia” di occupazione. Si lascia il vecchio posto per insoddisfazione, per inadeguatezza dei salari, per l’aumento dei contratti a termine, per accompagnare aspirazioni legate al proprio percorso di studi, per inseguire migliori aspettative di qualità di vita e orari quanto più possibile flessibili. Motivazioni almeno in parte sovrapponibili a quelle che in Campania sono da tanto tempo dietro la fuga dei giovani che si trasferiscono verso altre regioni o all’estero, alla ricerca di una occupazione e una vita dignitose; un principio di cui tener conto, anche perché si riflette pesantemente sulla sopravvivenza stessa del nostro tessuto economico e sociale, messo in seria difficoltà dal massiccio esodo, dalla difficoltà di reperire competenze qualificate e dall’impoverimento del patrimonio aziendale. La qualità dell’occupazione e la soddisfazione mentale, retributiva e quindi sociale dei lavoratori a cui garantire occupazione a lungo termine, rendono necessario - innanzitutto alle imprese - compiere quel cambio di marcia indispensabile per restare competitive sul mercato. Naturalmente, in tutto ciò, riveste un ruolo fondamentale l’incrocio quanto più efficace possibile tra domanda e offerta di lavoro e l’attuazione di politiche attive che al tempo stesso supportino da un lato i lavoratori e dall’altro le imprese. Il Governo di centrodestra, che per il 2023 punta a una “inclusione attiva”, ha sottolineato anche la necessità di coinvolgere player e agenzie private per il lavoro, nell’incrocio tra domanda e offerta, per renderlo maggiormente performante. Sul versante dell’occupazione, dunque, occorre attivarsi immediatamente per dare risposte ai nostri giovani e per farlo, soprattutto qui da noi, serve mettere in campo un’azione di sistema orientata e che tenga conto della peculiarità del nostro mercato; del sostegno reale e dello spazio vitale da offrire alle microimprese per garantire prospettive durature di occupazione; del potenziamento da realizzare nel welfare; della valorizzazione di comparti chiave dell’economia regionale; della creazione delle condizioni adeguate per attrarre investitori nei nostri territori. Necessario inoltre salvaguardare e puntare a far crescere ulteriormente, insieme a realtà meno conosciute ma allo stesso modo valide, anche quelle eccellenze imprenditoriali e professionali che portano in alto nel mondo il nome della Campania, a partire dall’artigianato e dai prodotti di qualità, passando per il prestigioso circuito delle botteghe d’arte fino ad arrivare al turismo. Per il turismo, in particolare, va messo in campo un grande piano per la formazione affinché si migliori l’offerta ricettiva lungo l’intera filiera dell’accoglienza, si amplino le potenzialità di un settore nevralgico, si gettino le basi strutturali e di rete per garantire la presenza di visitatori tutto l’anno. Sono misure come queste che il Nostro Posto attende, è questo quello che meritano i nostri ragazzi e tutti i campani. Sono queste le condizioni per iniziare finalmente a svestire le “maglie della vergogna”. Servono l’aiuto e l’impegno di tutti, ognuno nel suo campo di azione, ognuno con le proprie competenze e professionalità. E per questo gli uomini soli al comando non servono. Servono coesione, sinergia, coraggio di fare rete. Non c’è altro tempo da perdere, ne va del nostro futuro.