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Le deludenti elezioni del nostro scontento

Opinionista: 

miasmi del fiume Sarno sibilano storie di faide intestinte, di compromessi impossibili e di veleni perenni nel Pd e in ciò che resta del PdL, lungo il suo corso accidentato che trancia come un gas asfissiante la provinciae di Salerno per poi eruttare a mare, dopo aver straripato i suoi liquami in provincia di Napoli. Potrebbe essere una storia d'altri tempi, di un suicidio come nel romanzo di Steinbeck, di cui parafrasiamo il titolo, ma non è così, è solo una libera interpretazione di una realtà oggettiva, di un itinerario fatuo e mortificante che ci conduce all'ennesima, inutile, elezione regionale, che non produrrà alcun vantaggio o cambiamento alla nostra Campania ed ai suoi malcapitati abitanti. Il disordine delle regole, caratteristica genetica italiana, che spazia indisturbato dal calcio ai servizi sociali, alle normative istituzionali e giudiziali, dal percorso a ostacoli della nostra viabilità cittadina a quello del rispetto del nostro diritto di cittadini liberi, ha sconvolto perfino la semplicità ideale delle primarie e dei meccanismi di apparentamento politico, offrendo un'altra occasione di totale caos progettuale elettorale, con buona pace del superiore interesse della comunità. La peggiore iattura che potessimo augurarci per le regionali era il ripetersi della competizione fra un governatore, impalpabile travet e neghittoso interventista, ed un sindaco sceriffo di provincia, arrogante e vanesio, ma "così è se vi pare" e la storia, almeno quella napoletana, si ripete, immemore delle distorsioni e dei misfatti dei suoi corso e ricorsi. Vado affermando da tempo che come accade nel resto della Penisola, noi meritiamo ampiamente la decadenza politica ed amministrativa che ci attanaglia. Sebbene devo riconoscere che Caldoro e De Luca non sono certo espressione del qualunquismo antipolitico e neofiti prodotti classici della "società civile", anzi hanno comunque un trascorso nelle camere di partito, resto convinto che sono però la trasfigurazione pratica e non certo migliore dell'avvento delle "mezze figure" da Seconda Repubblica, quella stessa, per intenderci, che ci ha inondato di portaborse ed ex figuranti della prima, assurti per inerzia e dozzinale astuzia a protagonisti della seconda. A tutt'oggi, questo è l'unico merito o demerito, storicamente certificato, del tycoon Berlusconi, della sua propaganda nazionalpopulistica, il cui fine si è compiuto con l'avvento di Renzi nel Pd, almeno in parte, ripagandolo di un ventennio di anticomunismo da Repubblica di Weimar. Perché alle scorse elezioni regionali vinse Caldoro, che come voti personali incassò un risultato deludente? Non certo per la Sanità da sanare o alla promessa del turn over! Il PdL all'epoca possedeva una maggioranza territoriale da colori democristiani, doveva soltanto essere pronto a raccogliere il frutto maturo della vittoria e poco importava chi fosse il prescelto a tale compito, poichè non doveva essere altro che l'emanazione campana del Presidente Berlusconi, che, per rinforzare tale concetto, mandò in campo l'allora ministro Mara Carfagna. La decisione sulla nomina fu praticamente soltanto una presa d'atto da parte dei parlamentari campani, e le firme, idealmente, furono imposte in occasione della discesa del premier alla convention di Benevento. Il resto fu chiacchericcio e perdita di tempo, per buttare un poco di fumo negli occhi a coloro che, petenti a scaglioni, venivano ricevuti da Berlusconi, con la rassicurazione che avrebbe valutato anche una candidatura diversa. Tutte patacche e boe di disturbo, l'investitura era "dovuta" come riconoscimento al Caldoro senior, dimostratosi validissimo amico del futuro premier, già in tempi addietro. La catastrofe rifiuti, magistralmente giostrata da Berlusconi e Bertolaso, fece il resto: il sindaco rampante di Salerno ebbe gioco facile, ma dimenticando un antico andante: se Salerno tenesse 'o puorto, Napoli fosse morta, e figurarsi quali chances di vittoria avrebbe potuto avere il De Luca color granata sbiadito sull'azzurro! L'imponderabilità fece il resto, minacciando di scalfire perfino le certezze berlusconiane: l'incredibile affermazione della Carfagna, che avrebbe potuto aprire scenari fantastici anche in proiezione amministrativa, fu vanificata dalla stessa, una figura politica emergente, che non percepì il momento di passare da figurante ad attrice protagonista: ma questa è un'altra storia. Lo sceriffo dagli addobbi natalizi, grazie ad un Renzi distratto e lontano, alla pochezza della classe dirigente di un Pd frantumato e fratricida, coglie la seconda opportunità, e non può certo lamentarsi Cozzolino di una Napoli distratta, si sbaglia, questa città soffre sempre della stessa sindrome: una media e ricca borghesia pseudointellettuale alla ricerca catartica di un Masaniello da adorare e sgrossare, o di un comunista che intrighi la destra. Ma stavolta si corre il rischio di una "lega delle province" contro la megametropoli allargata e prevaricatrice, e le stagioni del nostro scontento continueranno a sfiorire.