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Le emergenze sanitarie che non vediamo

Opinionista: 

Da due anni sentiamo parlare di emergenza sanitaria. Ne parliamo a proposito del Covid, ed è giusto che sia così. Una pandemia (epidemia che riguarda l'intero pianeta) che si è propagata con velocità direttamente proporzionale all'interconnessione globale che chiamiamo molto genericamente globalizzazione. Una pandemia – la prima dell’epoca globalizzata – che ci ha mostrato inefficienze e impreparazione, ma anche la più grande risorsa che abbiamo: in meno di un anno, lavorando tutti assieme e senza barriere e senza bandiere, un virus è stato isolato, studiato, mappato, conosciuto e abbiamo trovato due approcci vaccinali e almeno tre approcci terapeutici. Un primato nella storia della scienza che deve mostrarci una strada di cooperazione sui tutti i fronti comuni dell'umanità. Ma questa emergenza sanitaria (ovvero un dato statistico anomalo, un picco rilevante nelle medie) rischia, a distanza di due anni, di coprirne altre e di non farci vedere, tra gli altri, ulteriori effetti di questa pandemia, taluni collaterali, altri di ulteriore nostra impreparazione e inadeguatezza. Se definiamo appunto come emergenza sanitaria un picco rilevante anomalo nelle medie delle patologie, allora dobbiamo constatare la mortalità da tumori (aumentata per le ridotte terapie e capacità di intervento) ma che rileveremo come effetto di lungo termine, se condideriamo la ridotta prevenzione e profilassi. Sullo stesso piano statistico dobbiamo considerare le malattie cardiovascolari (in alcuni paesi si registra sino al triplo degli infarti e degli ictus). E questi non sono effetti collaterali dei vaccini, ma sono effetti collaterali di una differente gestione della sanità, da un lato, e dello stress prodotto dalla pandemia, in misura estremamente rilevante. Il dato ancora più drammatico per un "animale sociale" come l'essere umano è l'incremnento delle patologie psicologiche e psicosomatiche, con un ricorso a terapie farmacologiche cresciute dal 300% al 1200% a seconda dei Paesi. In questo insieme, drammatico è il dato dei ricoveri psichiatrici dei minori (ricoveri che in genere si tende terapeuticamente a ridurre al minimo indispensabile): sono cresciuti del 650%. In questo quadro si inseriscono gli incrementi delle patologie da dipendenza (di farmaci, dal gioco, da sostanze stupefacenti, da alcol) o alimentari (bulimina, anoressia) i cui effetti socialmente e individualmente devastanti si possono registrare e calcolare solo nel mediolungo termine. A questi le nuove fobie ad ampia diffusione (che prima erano marginali ed individuali) tra cui agorafobia, ansia e panico da spostamento, blocco emotivo, chiusura. Ed infine quei danni che in forma differente colpiscono tutti noi, relativi alla gestione e all'apprendimento dei processi di socializzazione, danni alla nostra prassi "normale" di relazione con l'altro e con gli altri, che ha subito e quotidianamente subisce danni spesso rilevanti, difficilmente rilevabili se non in momenti topici, e da cui è probabile che difficilmente ci riprenderemo, lasciando ferite indelebili nel nostro io. Ecco che prenderne atto, declinare cosa sia in concreto e quali siano ad ampio raggio gli effetti di una pandemia, può sembrare esercizio deprimente, ma deve – in una chiave di lettura costruttiva – essere visto come un primo passo per comprendere che non siamo soli, che quello che stiamo vivendo dentro di noi è comune a tutti gli altri, che ammettere un disagio, dire ad alta voce di avere un problema, può essere il primo passo per ridurre almeno in parte questo devastante elenco di effetti collaterali non registrati della pandemia. Se tutto ciò è vero, è perciò altrettanto urgente che l'emergenza non venga vista solo sotto il profilo Covid, e che se ne vogliamo almeno in parte limitare o lenire gli effetti – socialmente e di lungo termine più devastanti – il nostro autentico piano di resilienza e rinascita deve prevedere strumenti, misure, cure e risorse più ampiamente distribuite su tutte queste emergenze sanitarie (e tutte le molte altre che non sono in questo elenco). Significa essere realisti, significa vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti, e significa, per una volta, avere lo sguardo a dopodomani.