Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Le incivili reazioni a un titolo “sportivo”

Opinionista: 

Chi avesse ancora dei dubbi su quale livello di bassezza siamo scesi sui social, può dare un'occhiata in questi giorni a quanto viene pubblicato su Facebook. Leggerà di offese sanguinose, alcune personali, altre rivolte all'intera città; potrà rabbrividire al pensiero che esistono elementi che si divertono a togliere la pelle a chi non la pensa come loro; rabbrividirà di fronte al grado di ferocia dilagante e, purtroppo, irrimediabile. Il titolo del "Roma" dell'altro ieri ha scatenato l'orrenda canea. Dimentichi dello Stato in cui vivono, un luogo dove esiste la democrazia e dove la Costituzione, la più bella e completa del mondo, difende il sacrosanto principio della libertà di parola e di espressione, questa gentaglia non ha trovato di meglio, per reagire, che ricorrere alle espressioni più incivili, più volgari, più rivoltanti che si possano trovare, pure in questo tempo di barbarie. Quello che poteva sembrare, e in realtà era, un semplice gioco di parole, si è trasformato, nella mente malata di tanti, in un attacco proditorio che doveva essere respinto con incredibie ferocia. Ebbene, si vede proprio che Antonio Sasso, quando ha avallato il titolo di apertura del suo giornale “È fuga con la Rubentus”, avrebbe colto nel segno. Se la reazione è stata questa, potrebbe esserci una sola spiegazione: quel titolo avrebbe denunciato una situazione che per tanti, troppi anni sarebbe stata la causa prima del veleno che starebbe uccidendo il calcio italiano. No, non arrivo a dire che, se siamo stati eliminati dai mondiali, la delusione sia dovuta ad un complotto internazionale per colpire la squadra emblema del nostro campionato. Mi limito ad osservare che, chi segue i calcio con occhio obiettivo, non ha potuto fare a meno di vivere situazioni al limite dell'assurdo. Le partite si seguono molto meglio in tv che dalle tribune, perché lo schermo ti dà la possibilità di vedere e rivedere le azioni. Ebbene, l'enorme differenza di giudizio che molti, moltissim arbitri adottano quando dirigono la squadra cara agli Agnelli piuttosto che un'altra, balza subito all'occhio dell'osservatore più attento. Come non accorgersi che ai bianconeri è concesso di protestare in misura più che vivace, quasi provocatoria; di allontanare la palla, senza che alcuno dica niente; di avere atteggiamenti spocchiosi, quasi indisponenti: tutta roba che ad altre non è consentito? Sono tutti atteggiamenti, quelli ricordati, che presuppongono il cartellino giallo, un oggetto che, prevalentemente, alla Juventus risulta pressocché sconosciuto. E quante volte, quando un direttore di gara equilibrato ha comandato un rigore contro la Goeba, ci siamo detti: «Questo qui non arbitrerà più la Juventus»? Ed è successo, certo che è successo. Quello che è accaduto dopo l'uscita di quel titolo, le offese sanguinose, le reazioni smodate di tanti la dicono lunga. Per tanto, troppo tempo questa squadra con i suoi sostenitori si sono sentiti protetti, intoccabili, qualunque cosa i giocatori facessero. Addirittura aveva subito un processo sportivo, che le aveva tolto due titoli fraudolentemente vinti, a dar retta al Giudice sportivo. E pretendeva, poi, non solo di riaverli ma anche di essere risarcita per i milioni di euro perduti grazie a quella punizione decretata dalla Giustizia sportiva. Adesso siamo tutti in attesa di vedere quello che accadrà. Vuoi vedere che nascerà una nuova resipiscenza da parte di qualche arbitro? E poi, chissà che la squadra di Allegri non cominci ad essere trattata come tutte le altre. I miracoli, come dicono quando andate in chiesa, possono ancora verificarsi. E quel giorno, se verrà, fra chi dovremo ringraziare, ci sarà sicuramente anche il direttore di questo giornale.