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Le sardine? “Pescicasta". Mute sulla sinistra flop

Opinionista: 

Che le “sardine”, dietro i loro volti serafici, le “felp” e gli abbigliamenti “casual” da gente di elevato pensiero, fossero in realtà  flottiglie - tutta “fuffa”, niente sostanza - ingaggiate per la conservazione esclusiva di una “casta pseudo pauperistica”, lo si era capito subito, a occhio nudo, nel loro debutto griffato bolognese. Tralasciamo i primi fondati sospetti sul loro “leader” - o meglio “capo paranza”, quel tal Mattia Santori dell’arcipelago prodiano, un giovane proletario della “fabbrica delle idee” del professore, un “pozzo di San Patrizio” per ogni sorta di progettualità. Ancora: la successiva presentazione sempre di Santori alla corte dei Benetton, persone degne ma protagonisti di quel capitalismo parassitario, cui la sinistra ha fatto da apripista. Se occorreva, però, un’altra, l’ennesima prova della loro ipocrisia, questa è venuta in maniera netta, non più tollerabile, dalla nuova trasferta di ieri a Napoli, nella provocatoria caciara antisalvini  di piazza Dante, dove le sardine hanno attraversato finalmente  il loro Rubicone. Un pantano di ipocrisie, di cinismo, di veleni, palesandosi   per quello che in realtà sono: cioè dei “pescicasta”, “culo e camicia casual” con il potere.  Un assaggio napoletano  si era avuto già ieri l’altro per bocca di un certo Tarantino, luogotenente del  Santori ,  il  quale ha detto:   “Vogliamo principalmente   portare attenzione a Scampia  e alla realtà per come è , non per come viene raccontata”. Se costui avesse voluto sul serio interessarsi di Scampia e di Napoli, avrebbe dovuto dire solo poche parol: “Cari napoletani, poiché sappiamo che la sinistra qui, in oltre cinquant’anni di “sgoverno” indisturbato della città, non ha fatto nulla, siamo noi a chiedervi scusa per quanto non fatto”. Ma ci voleva coraggio, che non è un loro valore. Quando anche le pietre della strada sanno che, con le sue “arlecchinesche mimetizzazioni”, la sinistra è stata la madre di tutti i guai della città: dal centro alle periferie e ciò è risaputo ma taciuto da chi viene e promette di voler contribuire a salvare Napoli, non si può pensare di prendere per i fondelli una città, predicando pace e alimentando poi odio. “L’operazione verità” di  Santori è una sparata di uno sprovveduto, che non sapeva neanche dove si trovasse; altrettanto lo era “Napoli non molla”, che capeggiava ieri sulla sua maglietta, nelle visite demagogiche ai tanti  disoccupati. Per credervi, andava accompagnata da un seguito, questo sì di verità: “Se Napoli è ridotta così, è colpa della sinistra: ecco i nomi e cognomi”.  Ai tempi delle dure contrapposizioni tra Dc e Pci - se può servire ricordarlo oggi - la inconciliabilità ideologica  tra i due partiti  raggiunse  momenti critici  ma allora ci fu un grande scrittore di destra, Giovannino Guareschi - provato prima nei lager nazisti e poi in un carcere dell’Italia democratica - il quale nel suo romanzo di straordinari insegnamenti - “Don Camillo” - seppe indicare come stemperare ogni veleno con “ironia, tanta umanità e rispetto per gli avversari”. Se le sardine provassero a leggerlo, nei loro tour e pernottamenti- non in ostelli ma in hotel stellari, autofinanziati da “lanci di monetine”- sarebbe un bene per loro e per il Paese. In giorni, in cui la sinistra, dal Pd a Leu a Fratoianni,  definisce i  “trasformisti  responsabili” solo se pronti a salvare la “barca di Giuseppi”, che sta per affondare, diversamente non sono altro che “Scilipoti” , non dice mai “irresponsabili”  per marchiare con perfidia e per sempre di infamia politica il nome di chi non la segue, c’è solo una cosa da dire che “chi va per questi mari, questi pesci piglia”. Grandi o piccoli, sono sempre gli stessi: da “avannotti” a “pescicasta”.