Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

L’isoletta di Nisida nei campi flegrei

Opinionista: 

Chiamata dagli antichi con quel semplice diminutivo di “Nesis” ne hanno descritto il fascino naturalistico Stazio, Lucano, Ateneo e Plinio. Nel 44 a.C. c’ era la villa di Marco Giunio Bruto che vi accolse Gaio Cassio Longino per mettere a punto alcuni dettagli della congiura per uccidere Giulio Cesare. Successivamente fu proprietà privata per duemila anni, destinata a “sito delle delizie” dei nobili napoletani : caccia ai conigli selvatici, convegni amorosi, giochi d’azzardo e altre godurie. Nel 1425 la regina di Napoli Giovanna II d’Angiò vi fece costruire una villa nella quale trascorreva le notti con i suoi numerosi amanti. Che poi faceva uccidere. I Borbone la trasformarono in carcere e Gioacchino Murat in un lazzaretto, che si rivelò molto utile durante l’epidemia di colera del 1884. I Savoia vi costruirono un carcere penitenziario per i detenuti pericolosi, che Benedetto Croce visitò nel 1894. E con queste parole chiuse la visita: “Ridiscesi alla marina e richiamata la barca torniamo a terra. L’isoletta ha smarrito ogni vaghezza; la ninfa Nisida è fuggita, Giove a Pausillipo non più la inseguono”.( su “Cronache e leggende napoletane” Adelphi Edizioni, pag. 292 ). Nel periodo fascista venne collegata a Coroglio da un pontile in muratura. Dal 1946 al 1961 fu sede dell'Accademia Aeronautica, poi trasferita nella vicina Pozzuoli in una sede moderna, appositamente progettata. Una scelta bizzarra come sarebbe stata quella di ubicare a Pordenone anzicchè a Livorno l’Accademia Navale. Vedere questo meraviglioso patrimonio naturale destinato a carcere minorile e a sede di uffici della Guardia di Finanza, ossia alle più estranee e assurde destinazioni d’uso, è motivo di indignazione in chi ritiene invece che l’isoletta debba essere aperta alla quotidiana fruizione dei napoletani e dei turisti (non l’hanno mai vista) e che debba avere una utilizzazione economica, in grado di contemperare la salvaguardia delle bellezze naturali con l’esigenza di attrezzarla in modo che possa produrre occupazione e ricchezza. Non condivido la teoria della conservazione improduttiva dei beni ambientali, architettonici, storici e culturali. Ne va della loro conservazione attiva e della loro stessa sopravvivenza. Non sono per l’ambientalismo come cultura morta, che si limita a difendere le bellezze naturali dagli interventi dell’uomo. Positano, Amalfi, le Torri di San Gimignano, Le Cinque Terre sono tra le più meravigliose avventure dell’uomo. Che nessun ambientalista avrebbe mai condivise. Anzi, le avrebbe osteggiate. Del resto, il 90% dei siti patrimonio dell’Unesco sono opera dell’uomo e non della natura. Perciò, non condivido l’idea degli urbanisti comunali di assumere Nisida come “riserva naturalistica”. Riservata a pochi studiosi. I napoletani non l’hanno mai vista e non hanno idea della sua mirabile bellezza. Perciò penso che Nisida, con i suoi 40 manufatti edilizi tra grandi e piccoli (da riusare attraverso oculati interventi di recupero senza aggiungervi un solo mattone, quindi nel rispetto assoluto degli attuali valori ambientali) e con quella bellezza mozzafiato del porto Pavone sarebbe la sede ideale per realizzare il più grande “Entertainment Center” del Mezzogiorno (casinò, alberghi, ristoranti, sale convegni, centro fitness e benessere, boutiques e un porto turistico a Cala Badessa…) in grado di rispondere al bisogno di intrattenimento di un consumatore colto e raffinato. L’isola di Alcaltraz nella baia di San Francisco ha cessato di essere il carcere di massima sicurezza per diventare meta di masse di turisti da tutto il mondo, attratti dai casinò, dagli shoppingcenters, dai cinema, dai ristoranti, dalle discoteche e dalla tante attrazioni di divertimento che hanno sostituito le lugubri strutture carcerarie. È opinione largamente condivisa che la similare trasformazione Nisida debba essere al centro della rinascita di Bagnoli. E della città. 

g_mazziotti@yahoo.it