Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Matrimonio d’interesse tra Renzi e Berlusconi?

Opinionista: 

Non sembrano esserci più dubbi: quello che la politica si sta preparando a vivere sarà un autunno caldo, caldissimo, nel quale, con ogni probabilità, si decideranno le sorti delle riforme e dell’intera legislatura. Le avvisaglie per uno Scontro all’OK Corral ci sono tutte se è vero che sulla cruciale questione delle modifiche costituzionali (la riforma del Senato in specie) si vanno prefigurando, da parte di tutte le forze in campo, scelte radicali e all’apparenza definitive. I due fondamentali nodi da sciogliere concernono, a quel che sembra, da una parte la possibilità di un’intesa tra la Lega di Matteo Salvini e i “Cinque stelle” di Beppe Grillo e dall’altra la sorte del Pd la cui unità è quotidianamente messa in forse da una minoranza turbolenta e rissosa che, al di là delle parole dei suoi leader, sembra avere, in realtà, un unico obiettivo: liberarsi di Matteo Renzi. Partiamo dall’intesa Grillo-Salvini, già ipotizzata qualche settimana fa e che, dopo una battuta d’arresto, sembra aver trovato nuova linfa nella comune posizione assunta sulla “questione migranti”. È fuor di dubbio (anche se, francamente, non osiamo immaginare cosa ciò comporterebbe per il nostro paese) che un’alleanza tra queste due forze avrebbe più di una chance di risultare vincente in un’eventuale competizione elettorale. E questo potrebbe spingere ad un’intesa che, tuttavia, due elementi concorrono a frenare. Il primo è costituito dall’antica regola secondo cui in politica due più due non fa quasi mai quattro, ma quasi sempre tre e dalle resistenze che l’ipotesi d’intesa fa registrare in entrambe i movimenti (non è un caso che tra i grillini ci sia chi si è già premurato di far presente al “capo” che un accordo con Salvini sarebbe assai poco entusiasmante). Il secondo freno è costituito dal temperamento dei due leader che sono dei solisti, poco propensi a lavorare in tandem e protesi entrambi alla ricerca dello “spettacolo”. Basti pensare a quel che Salvini sta facendo a Palazzo Madama, dove la Lega, per essere protagonista della battaglia contro la riforma del Senato voluta da Renzi, ha presentato cinquecento emendamenti in commissione e ne sta preparando oltre sei milioni per l’aula con ciò – sia detto per inciso – mortificando quella politica del “filibustering” che pure, nella storia parlamentare, ha una sua nobile tradizione. Come spesso accade, quando due schieramenti si fronteggiano, a vincere è quello che riesce a trovare un alleato, consapevole o inconsapevole poco importa, all’interno delle linee avversarie. Questo alleato Salvini e Grillo lo hanno trovato nella minoranza del partito democratico, più che mai intenzionata a cogliere l’occasione che le viene offerta dal dibattito sulle riforme costituzionali per provocare la caduta dell’odiato Renzi. I “ribelli dem” non sentono ragioni: la minaccia di un anticipato scioglimento delle Camere non li preoccupa; l’accorato appello di Giorgio Napolitano che non vede nella riforma del Senato così come prospettata dal governo alcuna minaccia pe la democrazia, non li turba neppure un po’. Intendiamoci. La richiesta che essi avanzano di mantenere almeno in parte il carattere elettivo del Senato non è infondata, né eversiva. E’ anche condivisibile. Ma siamo pronti ad accettare scommesse: se Renzi dicesse sì alle richieste in tal senso, la minoranza democratica solleverebbe qualche altro problema perché quel che le interessa non è avere una buona riforma, ma liberarsi del premier-segretario. Stando così le cose e, a meno di non prevedibili, ma non impossibili colpi di scena, per evitare l’anticipato scioglimento delle Camere ( e soprattutto per non vanificare i dati sulla ripresa dell’economia emersi negli ultimi giorni) sembrerebbe non esserci che una strada: quella di un ritorno al dialogo tra il partito democratico e Forza Italia, bruscamente interrotta nel febbraio scorso con la rottura del patto del Nazareno seguita all’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Segnali in questo senso ci sono stati da una parte e dall’altra, ma ci sono anche molte resistenze determinate, nel Pd, dal timore di snaturarsi e in Forza Italia dall’attrazione di una fetta del partito per i richiami della sirena leghista. Pd e Forza Italia – sia chiaro – non si amano e non si ameranno mai. Ma c’è chi dice che i matrimoni d’interesse, spesso, riescano meglio dei matrimoni d’amore. E che il Pd di Renzi e Forza Italia abbiano un interesse comune a evitare lo scioglimento delle Camere ci sembra innegabile.