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Modesta proposta per il centrodestra

Opinionista: 

Serve altro. E serve ora. Il centrodestra ha davanti a sé un’occasione irripetibile. Gli avvenimenti degli ultimissimi giorni, infatti, hanno diradato un po’ della nebbia che avvolge il futuro dell’Italia. Il fallimento del tentativo di Renzi di dar vita a una coalizione, il suo progressivo isolamento, ancora più accentuato dall’abbandono di Pisapia e Alfano, e soprattutto la decisione del centrodestra di metter mano finalmente a un programma chiaro e concreto, hanno in parte allontanato (si spera) la prospettiva delle larghe intese. Tuttavia, per convincere gli elettori a pensionare la sinistra occorre un disegno chiaro e coerente, non un semplice cartello elettorale. Per questo va accelerata la costruzione d’una alleanza popolari-sovranisti. Vera. Solo se il centrodestra smetterà di parlare di premiership, superando contrapposizioni personalistiche e scendendo sul terreno dei contenuti, potrà sperare di conquistare la maggioranza parlamentare. Un credibile progetto di governo comune, infatti, è la precondizione per superare l’ostacolo d’una legge elettorale fatta apposta per non far vincere nessuno. Il come non è difficile. Le cose che uniscono popolari e sovranisti sono già lì, tutte sul tavolo. Basta solo coglierle. Troppo ottimismo? Eccone un elenco minimo: combattere l’immigrazione clandestina e incontrollata; ricostruire il ceto medio in crisi; una nuova alleanza tra capitale e lavoro; la centralità della sovranità popolare e nazionale; la lotta all’oppressione fiscale e burocratica; l’opposizione alle oligarchie finanziarie e tecnocratiche; “legge e ordine” a difesa della sicurezza dei cittadini. Non è tutto, ma è molto. A sinistra farebbero carte false per essere d’accordo sulla metà di questi temi. Eppure, a legare potenzialmente la proposta liberale e popolare a quella sovranista c’è qualcosa di più profondo: la battaglia per restaurare i valori della tradizione occidentale. È innegabile che essi siano da sempre nel Dna del centrodestra italiano, all’insegna di quel modello fatto di rivoluzione e conservazione che ne è il tratto identitario più peculiare. Solo che li abbiamo dimenticati: l’idea che la democrazia coincida con la sovranità popolare; la definizione di confini al di fuori dei quali si è stranieri; la libertà mai disgiunta da responsabilità e autorità; la valorizzazione del lavoro. E poi la convinzione che il denaro del popolo è sacro; la socialità; la subordinazione dello Stato agli interessi dei suoi cittadini; l’obbligo per lo Stato stesso di difendersi da ogni “invasione” e tutelare l’ordine interno; la centralità della proprietà privata; la difesa della famiglia tradizionale come nucleo fondante della società. Tutti questi principi e valori - d’irriducibile opposizione alla sinistra - hanno due tratti identitari innegabili: sono il meglio del retaggio occidentale e sono comuni tanto al liberalismo popolare quanto alla destra nazionale e sovranista. Negarlo per far prevalere istanze politiciste, comodi paraventi per nascondere rendite di posizione, sarebbe un errore imperdonabile. Ecco, la rinnovata alleanza tra popolari e sovranisti - se sarà una cosa seria - non potrà partire che da qui. Sembrerà un discorso astratto in un’epoca di macchine e tecnofinanza globalizzata, ma la politica senza cultura non è nulla. Qualsiasi proposta che voglia essere alternativa di governo all’establishment, senza un’adeguata elaborazione culturale che strutturi un nuovo campo unificato in nome dei valori e principi suddetti, è destinata al fallimento. Se invece sarà solo un modo per mettersi assieme e vincere le elezioni, per poi dividersi un minuto dopo il voto, allora tanto vale lasciar perdere. Lo sforzo non vale l’impresa.