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Muore Nazzaro, e con lui un po’ della giovinezza

Opinionista: 

Chi è nato dopo, neanche la conosce questa canzone dei primi anni '70, per la precisione Disco per l'estate 1972. Per chi all'epoca era ragazzino, “Quanto è bella lei”, di Gianni Nazzaro, morto a 72 anni due giorni fa, era la canzone da ascoltare le sere d'agosto fumando disperatamente una dietro l'altra le cinque marlboro in dotazione, pensando a lei che veniva a Ischia a villeggiare a luglio e che poi, incomprensibilmente, il primo agosto veniva caricata in auto assieme al resto della famiglia, ai bagagli e tornava in città. Ti scrivo, aveva detto, e al vico primo San Gaetano di Forio cominciava l'attesa dell'arrivo di una lettera, e velocemente andava in fumo la dotazione quotidiana di marlboro. Quando avevamo i nostri magnifici e pazzi venti anni proprio questo era per noi il momento più duro dell'anno, il momento dei rimpianti e della nostalgia da elaborare e accettare, degli addii ma anche della speranza che quella strana alchimia di anime e di corpi abbronzati creatasi sotto il sole potesse ripetersi l’anno successivo. La fine di agosto e poi gli ultimi saluti, e i preparativi per il ritorno in città, rappresentavano davvero un momento di lacerante e bellissima poesia per tutti noi. Però, diciamolo, eravamo tutti anche un po’ ridicoli con i nostri ultimi pantaloncini estivi, a piedi scalzi per l’ultimo giorno in spiaggia, che graffiavamo la sabbia calda quasi a volercene portare il ricordo in città, e con la tristezza che sembrava ricoprire l’abbronzatura come le prime nuvole iniziavano a coprivano il sole, mentre ci scambiavamo inutili numeri telefonici e indirizzi che poi non avremmo mai cercato davvero, travolti e ingoiati dai nostri inutili affanni invernali. Quante estati sono passate da allora. Quanta vita è passata sui nostri visi e tra le nostre mani, negli occhi di lei e nei nostri. Quanta vita. Gli anni del liceo, il '68 quando puntualmente ti ritrovi da una parte scomoda della barricata dopo che i posti migliori dall'altra parte li hanno già occupati. E i capelli che erano lunghi perchè la rivoluzione doveva essere così. E poi passarono gli anni e si calmò quel vento di maggio, e i capelli non erano più lunghi come una volta, perché i rivoluzionari avevano fatto il concorso in banca e ogni mattina si sbarbavano e mettevano la cravatta. Succede. Quanta vita che è passata.