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Napoli come Parigi: vittima del furto del portafoglio

Opinionista: 

Ho vissuto a Parigi il che mi ha permesso di fare una “bella carriera” nelle ricerche di mercato internazionali. Eppure, una volta finita, sono venuto a vivere a Napoli. L’amo, ma la vedo da un altro punto di vista, rispetto a quelli che ci sono nati. Propongo ai lettori del “Roma” di guardare la loro città attraverso i miei occhi. Paragonerò Parigi a Napoli, avendo avuto “la fortuna” di vivere la stessa avventura a distanza di due anni: il furto del mio portafoglio. Per mano di bambini zingari alla “Gare du Nord” di Parigi, e per mano di quattro napoletani sull’autobus 151 a Napoli; tre vecchi che recitavano una scenetta e un giovane, tutti all’apparenza distinta. Un classico stereotipo, mi sono detto entrambe le volte, visto che la pratica del furto è associata agli zingari così come ai napoletani. Certo uno stereotipo, ma come secondo voi uno stereotipo diventa appunto uno stereotipo? diceva Michael Douglas nel film “Attrazione Fatale”. Alexandre Dumas, che pur amando Napoli, scriveva nelle sue rubriche, che i genitori allungavano gli indici dei bambini affinché raggiungessero la lunghezza del medio. In questo modo gli avrebbero regalato una “carta vincente” nella loro vita: una pinza per meglio “pescare” nelle tasche. Ma ritorniamo sul nostro argomento! Sono andato a sporgere denuncia in un Commissariato del Dodicesimo arrondissement a Parigi e della Riviera di Chiaia a Napoli. Da quello di Parigi, ne sono uscito con la convinzione che “gli sbirri” parigini fossero dei brutti ceffi, usando la violenza e l’intimidazione a tutti i livelli a partire dall’agente che piantona l’ingresso (verso gli improvvisi visitatori), a quello nella sala d’attesa (verso gli immigrati), fino ad arrivare all’ispettore (verso di me che non gli piacevo per niente). A differenza di Napoli dove invece ho trovato gli agenti proprio simpatici. Addirittura una volta uscito dal loro stabile, mi hanno chiamato dalla finestra gridando il mio nome. Avevano dimenticato di annotare un dettaglio: “professionali inoltre!”. Questa buona impressione confermava d’altronde, quella che mi avevano già fatto gli agenti che stazionano davanti l’ingresso della Regione. “A Parigi vi scrutano e squadrano mentre a Napoli vi salutano, quando vi riconoscono”, spiegavo ad amici francesi venuti in visita. Resto dell’idea, un anno e mezzo dopo, che i poliziotti napoletani sono più simpatici di quelli parigini, tuttavia mi sono reso conto, che a volte, trascurano il loro lavoro. Ecco qualche esempio: - affianco a dove abito ci sono due o tre senzatetto. Loro odiano la società! Questo lo si può capire, ma non è una ragione per lasciarli gettare i loro rifiuti per strada e defecare sui marciapiedi, in totale tranquillità. - “La banda che ti ha rubato sul bus, la conoscono tutti”, mi ha detto il mio vecchio allenatore, “se la Polizia lo volesse, sarebbero già stati arrestati. Non te ne occupare tu, altrimenti ti aspetteranno a casa tua! - E continuò: “Sai che la segretaria del club ha chiamato la Polizia perché una banda di ragazzini scaraventava le bottiglie nel nostro campo. Non hanno fatto niente e quando la segretaria è uscita dall’ufficio ha trovato 30 ragazzini ad aspettarla fuori”. Il popolare scrittore, Maurizio De Giovanni mi ha ciononostante fatto notare che il livello di sicurezza si è molto alzato negli ultimi anni. Io stesso mi ricordo che nel 1962, era pericoloso finanche passeggiare in pieno giorno per corso Umberto I. I disoccupati ti spiavano per vedere cosa portavi e gli scippi erano quotidiani. Mio padre mi aveva affidato il suo portafogli affinché lo tenessi nella mia tasca in caso di aggressione. Questo miglioramento è sicuramente una buona cosa, senza il quale non mi sarei deciso a venire a vivere a Napoli. Nonostante tutto l’immagine di una città pericolosa persiste nell’immaginario comune. “Non andremo mai là, è come Medellin, “mi ha detto la mia gioielliera dopo aver letto un reportage sulle baby gang e la camorra apparso sulla rivista francese “L’Obs”. Benché sia evidente che i senzatetto incivili, così come gli scippatori dei bus e i bambini teppisti sarebbero rilasciati in poco tempo, non bisogna lasciarli impuniti. Per rispetto dei nostri cittadini, aperti e calorosi; qualità che sono anch’esse elementi della reputazione della città al di là dei confini. Ho letto, nel “Roma” del 27 gennaio una dichiarazione del presidente della Cgil a conclusione del loro congresso: “Le discussioni su Napoli, su Bagnoli, sulla vivibilità, sulla legalità, sullo smaltimento dei rifiuti, e sui trasporti esplicano e aumentano il distacco tra le istituzioni e i cittadini”. Questo è assolutamente esatto, e io aggiungo la Polizia, simpatica ma lassista! Ci voleva un congresso per arrivare a questa conclusione? Il “quaquaraquà” rientra negli stereotipi associati a Napoli: “Parlano tutto il tempo, certamente sono intelligenti ma non cambiano mai niente. Vuoi per la burocrazia, vuoi per pigrizia o finanche per fatalismo». Si farebbe meglio ad occuparsi di problemi più vicini alle persone, piuttosto che chiacchierare sui problemi strutturali… che conosciamo tutti. Come mi ha detto De Giovanni, Napoli deve migliorare poco alla volta…. E così gli stereotipi e i preconcetti inizieranno a svanire.