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Napoli e il sindaco: 30 giorni per capire

Opinionista: 

Prima domanda “che sorge spontanea” (come direbbe Antonio Lubrano diventato, televisivamente parlando, il “difensore civico degli italiani”) è, non priva di insistenza: avremo a Palazzo san Giacomo un nuovo sindaco nel senso di “un altro”, oppure un sindaco “nuovo” nel segno della molto auspicata e rigenerante discontinuità? Nel primo caso si tratterebbe solo di un conteggio numerico: ai 24 “primi cittadini” che finora hanno varcato la soglia del Comune dal secondo dopoguerra, se ne aggiungerebbe di routine semplicemente “un altro” (triste malinconia fortunatamente interrotta, negli anni passati, da alcune, positive esperienze fatte). Non resta adesso molto tempo, poco più di un mese, per tentare di vedere se si va incontro a un rassegnato e patetico continuismo, o a una benefica “svolta” da almeno un decennio tanto attesa.

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RICHIESTE INCALZANTI. Una prima, perentorea voce, quella di Sergio Sciarelli che ha opportunamente lanciato la sfida delle competenze e delle priorità (candidati, diteci cosa farete nei primi cento giorni dal vostro insediamento, quali le priorità e i programmi). I problemi, nella terza città d’Italia, si sono talmente aggravati e intrecciati che, solo a volerne affrontare uno, si debbono fare i conti con i dieci che ognuno di essi contiene: problemi adesso non più congiunturali, ma strutturali col rischio di diventare endemici. Suggestivi gli slogan dei due principali contendenti. Dice Gaetano Manfredi “il mondo a Napoli, Napoli nel mondo”. Dice Catello Maresca “Napoli nello Stato e lo Stato a Napoli”. Benedetto Croce affermava che chi vuole avere più respiro e uscire davvero dai propri confini (allora non esisteva l’aggettivo “globale” come l’intendiamo oggi), deve studiare, lavorare e operare intensamente per il progresso della propria città. Con le loro idee-guida i due maggiori contendenti (così continuano a dire i sondaggi), corrispondono bene alla logica anglosassone del glocal “pensare globalmente e agire localmente”.

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PRIMA DEI CENTO GIORNI. Decisivi sono i trenta che li precedono (si definiscono le liste, si scelgono i candidati, si precisano le scelte programmatiche, si prefigurano gli assessori). A ciascun contendente la propria identità senza truffe e copiature, appropriazioni indebite e camaleontismi. Ognuno con la storia che ha e per i compagni di viaggio che intende scegliere (e qui, direbbe Dante, si parrà la nobilitate di ciascuno dei due). Spina nel fianco restano i voltagabbana, i mestieranti della politica politicistica e politicante. Chi ha il coraggio di tener fuori gli impresentabili, coloro che hanno “procedure aperte” con la giustizia in quanto in rotta coi Codici oppure con il fisco in quanto evasori acchiappati sul fatto? Manfredi e Maresca: si può vendere l’anima per un pugno di voti? È vero che, secondo Oscar Wilde, a tutto si può resistere tranne che alle tentazioni. Ma ci sono tentazioni che, se scansate e respinte, danno una bella immagine di chi pronuncia nettamente il “vade retro Satana”, come si sarebbe detto in tempi di maggiore moralità individuale e collettiva.

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AL VOTO CON LA MANO SUL CUORE. Sol chi non lascia eredità di affetti poca gioia ha nell’urna, direbbe il Foscolo (e qui intenderemmo l’urna elettorale). Da molti anni i napoletani sono tanto sfiduciati per come funzionano partiti e politica, che protestano con la diserzione in massa dai seggi (la seconda volta de Magistris è stato confermato con la percentuale dei votanti più bassa d’Italia: sindaco, si potrebbe dire, di chi non ha voluto compiere un sacrosanto dovere civico e democratico). Sta oggi ai candidati per Palazzo san Giacomo risalire la china e ridare slancio fiducioso nei valori costituzionali.

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L’ESEMPIO DI INDRO MONTANELLI. In uno dei momenti meno esaltanti della vicenda italiana, il grande giornalista disse: ”Ci si ottura il naso e si va a votare”. Aggiunse, assumendosene tutta la responsabilità, “a votare Dc”. Sembra lontano anni luce quel tempo. Ma la lezione del realismo resta: si va a votare anche a costo di doversi accontentare del meno peggio quando non sembra esserci il meglio. Ora, a Napoli, c’è una scena nuova e promettente. Si può confidare in una scelta oculata. Ma tutto dipende dai trenta giorni che precedono i cento decorrenti, al Comune, dall’avvio della nuova legislatura.