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Nella “Città dei crolli” nemica anche l’estate

Opinionista: 

Cerchiamo di capirci un po’ di più e chiarirci le idee per quanto possibile. Quando camminiamo da pedoni per strada, cosa dobbiamo fare? Guardare per terra e di lato (per evitare buche, sconnessioni tra i basoli e dislivelli della carreggiata, per attraversare tempisticamente sulle strisce bianche e quando il semaforo è verde per non essere travolti da auto e moto impazzite), oppure tenere gli occhi in alto non per ammirare le suggestive coreografie di sole e nuvole, bensì per scrutare cornicioni, facciate dei palazzi, finestre e balconi in modo da scansare piogge di sassi, polveri e intonaci pericolanti che, male “imprigionati” in reti inconsistenti, ci cascano addosso senza remissione alcuna? *** RISCHIO QUOTIDIANO. Ogni giorno ha la sua pena e le nostre teste, non protette da elmetti d’acciaio come in guerra, ne sanno qualcosa. È un bollettino che si allunga di ora in ora e non c’è quartiere o rione che possa godere di extraterritorialità. Così al Vomero dove un albero si schianta al suolo di via Cimarosa e un troncone manda all’ospedale un “centauro” che “si salva per miracolo” (dicono le cronache). Stessa brutta aria a San Pasquale a Chiaia (cornicione e intonaci giù dal frontone della Chiesa), a Forcella (una giovane nigeriana colpita da una grossa pietra),nelle due gallerie Laziale e Vittoria (franamento del materiale che sfonda le reti adibite a illusorio contenimento). I vigili del fuoco arrivano e spicconano, ma più che 60 interventi pro die non possono fare. *** METEO FUORI CONTROLLO. Ora ci si mette anche lui annunciandoci giornate e weekend roventi, intorno ai 40 gradi, ”un giugno mai così caldo da almeno trent’anni”. Succede che l’anticiclone sub tropicale si espande sull’Italia specie nelle regioni meridionali (Roma si rinfresca un po’ con la Fontana di Trevi, Napoli non può contare, davanti al Municipio, nemmeno sulla Fontana del Tritone perché l’acqua ha uno strato così sottile che non basta nemmeno per bagnarsi una mano). È l’effetto della tropicalizzazione: cambi improvvisi di clima con piogge torrenziali che si intrecciano con enormi bolle di “calore bollente”. Lo sapevamo e ce lo aspettavamo, ma ora che ci siamo dentro ci scorgiamo del tutto impreparati: non solo dal profilo psicologico-esistenziale, ma soprattutto per l’approntamento di un’autodifesa fatta con l’uso di materiali resistenti a temperature e tassi di umidità particolarmente elevati e insopportabili. *** FATALITÀ O NEGLIGENZA? Il dilemma non si pone. Il destino “cinico e baro” non c’entra. C’entra invece la mancanza di controlli sistematici. Si sa bene in quali strade la fragilità e l’invecchiamento hanno “preso casa”, come si è prodotta, nella lunga storia, la dissennata edificazione: con quali materiali -dal cemento ai tondini di ferro- e come sia stato lasciato campo libero ai costruttori più speculativi. ”Matrice unica degli eventi è la carente manutenzione”, rileva Andrea Prota, Ordine degli ingegneri. ”Quando gli Uffici preposti minimizzano, il degrado si impadronisce della città”. C’entra anche l’estate? “Sì. L’esplosione del caldo ha effetti più negativi dove le strutture sono deboli”. C’entra anche l’inverno? ”Sì. Se un cornicione ha una crepa, l’acqua piovana vi si infila penetrando nei pori della struttura”. Insomma, è la congiura del caldo e del freddo? “Purtroppo. D’inverno l’acqua si ghiaccia e d’estate si asciuga. In entrambi i casi si generano variazioni. Le parti del materiale toccato si staccano e cadono a pezzi”. Ma c’entrano anche le piante e le erbe che spuntano sui cornicioni? “Senza dubbio. Sono radici che, pur sottili, penetrano in profondità e provocano cedimenti”. *** L’UNESCO CI GUARDA. Napoli ha su di sé gli occhi del mondo: un ambìto riconoscimento (“per la bellezza del paesaggio”), ma anche una pesante responsabilità. E qui il Comune ha le sue colpe: controlli sporadici e occasionali, interventi d’urgenza ma solo tampone, dopo un disastro. Il destino dei fabbricati viene affidato alle “reti verdi” che si stanno rivelando sempre più “un business pericoloso”. Roberto Castelluccio, della Federico II, ne indica una certa utilità ma solo se per pochi giorni. Se si va oltre, accelerano degrado e caduta delle parti “protette”. Un altro modo per “spillare soldi” alle famiglie e affidare il resto al caso. Quanto più “retinato” si vede, tanti più pericoli sovrastano le nostre teste. Basta il consiglio di non camminare più rasentando i palazzi? Sembra proprio che a questo si sia ridotto Palazzo san Giacomo. *** DOMANDE. Il Registro dei fabbricati e l’Anagrafe edilizia che fine hanno fatto? Nessuna perché mai attivati. ”Se qualche tentativo di censimento, per iniziativa dei privati, c’è stato -dice Giulio Pane della Federico II - lo si deve a poche “mosche bianche” nel generale panorama di disinteresse mostrato dalle istituzioni pubbliche”. Il “progetto Sirena” doveva determinare una svolta con l’utilizzo di risorse pubbliche e private. Tutto si è arenato dopo pochi anni perché la Regione avrebbe preferito tirarsi fuori “avendo altre intenzioni…”. Nemmeno il Tribunale è riuscito a capire quali. Un intervento che va ricordato è quello attuato, nel 2011, dall’allora sindaco Rosa Russo Iervolino: attenzione, anche con video sorveglianza, per edifici, pulizia, marciapiedi, parcheggi auto regolamentati, tutela per i pedoni. Turismo, storia, economia potevano camminare insieme. Ma così non è stato.