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Nuove risorse minerarie della Regione Toscana

Opinionista: 

Cari amici lettori, voi sapete certamente, come e meglio di me, che la Toscana è una regione dalle notevoli risorse minerarie. I prodotti più noti vengono dalle cave, quelle di marmo a Carrara e quelle di alabastro a Volterra. Non sono più attive, invece, le miniere metallifere, che ebbero grande importanza in passato, specialmente quelle di ferro nell’isola d’Elba e quelle di cinabro (minerale ricco di mercurio) sul Monte Amiata. Oggi, però, una nuova ricchezza rilancia quella bellissima regione che fu Etruria e Granducato: il bronzo. Sì, amico lettore del primo banco, so benissimo che il bronzo non è un metallo, ma una lega composta con il 90% di rame, il 10% di stagno e tracce di altri metalli, e che pertanto non si trova nelle miniere. Che diamine, non sono mica il ministro della Pubblica (d)Istruzione! So tutto sull’età del bronzo (circa 3.500 – circa 1.200 a.C.), che seguì la neolitica e l’eneolitica e precedette l’età del ferro, quella più triste sfociata nel periodo terminale della plastica e della realtà virtuale. Potrei tenere una conferenza sul bronzo monetario (l’aes romano e i soldini di lira), sulle medaglie di bronzo, sul passato impiego della lega nell’industria bellica, sulle campane e sui bronzi di Riace. Quisquilie, avrebbe detto Totò, rispetto all’attuale produzione incentrata a Rignano, ove sul deposito trovato nei Boschi sta nascendo una fiorente industria che confeziona facce di bronzo. Il primo lancio pubblicitario del nuovo prodotto risale a poco più di un anno fa, quando si approssimava la votazione del referendum fortemente voluto da Petrusiniéllo Renzi e organizzato dalla sua diletta Maria Elena. La coppia più trendy del piddì aveva parlato chiaro infinite volte. Ma qualche frase è più significativa, come quelle che Renzi l’8 maggio 2016 disse a “Che tempo che fa”: “Se io perdo, con che faccia rimango? Ma non è che vado a casa, smetto proprio di fare politica". Si è visto: è rimasto con una bella faccia di bronzo a fare politica come segretario del piddì. Petrusiniéllo, diventato in tal modo Pinocchietto Renzi, ha tuttavia mollato almeno la poltrona di capo del governo, pur facendo capire in ogni modo che considerava Gentiloni un suo portavoce. Un passo di lato più che un passo indietro. Maria Elena Boschi, invece, ha fatto un passo avanti, diventando la vice di Gentiloni. Eppure il 22 maggio 2016 a Rai3 (in “Mezz’ora”) aveva declamato: “Sì, noi siamo molto serie e se Renzi perde anch'io lascio la politica, perché è un lavoro che abbiamo fatto insieme. Come potremmo restare e far finta di niente?" Come s’è visto, ella si è imBoscata, dimostrando un’eccellente capacità (molto ma molto “seria”) di far finta di niente. E venne il tempo di parlare di Banca Etruria: una vicenda che consente alla Repubblica Italiana, dopo un secolo e un quarto, di pareggiare i conti con il Regno savoiardo in materia di scandali bancari. È nella storia la mitica Banca Romana, le cui magagne, maturate nell’ottavo e nel nono lustro del XIX secolo, dopo tenaci sforzi d’insabbiamento, esplosero nel grande scandalo del 1893 che, oltre a mandare in galera i banchieri (allora accadeva ancora questo), investì il governo del tempo, in persona del garibaldino Crispi e del trasformista Giolitti. Personaggi, questi, indubbiamente giganteschi rispetto agli insabbiatori di oggi, ma pur sempre esponenti della sinistra di potere. E inutile che vi racconti ciò che sta accadendo, poiché potete leggerlo persino sui giornali politically correct. Debbo confessarvi, tuttavia, che ho guardato, in via del tutto eccezionale, la trasmissione de “La 7” dove Maria Elena ha cercato di tener testa a Travaglio e sono rimasto sbalordito, deliziato e disgustato a un tempo, dalla metallica brillantezza della faccia del sottosegretario alla presidenza del consiglio tuttora in carica. Ella meriterebbe un Oscar per la lunga scena in cui ha sostenuto che darsi da fare a tutela della banca di famiglia rientrava nei suoi doveri istituzionali. Di durissimo bronzo da affusti o da campane anche la faccia di Pinocchietto Renzi che, completamente sprovvisto di senso del ridicolo, si è affannato a sostenere che Maria Elena aveva chiarito tutto e che tutto va ben, madama la marchesa. Più o meno come se la ben più famosa Elena avesse chiarito agli aedi del tempo di aver seguito Paride a Troia nell’interesse del popolo di Sparta! Possibile che al piddì non sorga il sospetto che gli elettori italiani siano, ormai, più incazzati di Menelao e, quindi, propensi a incendiare la rocca ove risiedono i piccioncini?