Accessibilità:
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Occorre un modello alternativo di gestione delle spiagge

Opinionista: 

La città metropolitana di Napoli ha una linea costiera che misura ben 195 km, dal monte di Procida a punta Campanella, una immensa ricchezza naturalistica deturpata da speculazioni private e da interessi economici che l’hanno resa in molti casi inaccessibile. È una amara constatazione che ci porta a riflettere su come il nostro mare ci è stato negato e di come le istituzioni non sembrano avere il coraggio per modificare equilibri e interessi spesso opachi che possano garantire a tutti l’accesso al mare, libero e gratuito, per la balneazione. Il problema non è tanto la decisione del governo di prorogare ancora una volta le concessioni balneari, in fondo si tratta di difendere le imprese italiane per evitare il rischio che coste e spiagge finiscano in mano straniere, con il rischio di distruggere un tessuto economico sano. Ma riguarda soprattutto le scelte che si assumono in sede locale dove si decide, attraverso appositi piani, la distribuzione tra spiagge libere e quelle affidate in concessione. In Regione Campania, per esempio, si sta discutendo il Puad (Piano di Utilizzazione delle Aree del Demanio Marittimo) che stabilisce le regole per la gestione del demanio marittimo. La proposta dalla giunta regionale ha riservato appena il 30% alle spiagge libere, una impostazione che sembra premiare l’assemblaggio confuso di cancelli, reti e ostacoli, di stabilimenti, di veri e propri villaggi turistici, cabine, chioschi e ristoranti che negano una fruizione libera del bene mare senza alcuna tutela dei diritti costituzionali di accesso e fruizione del mare. Sarebbe stato significativo, oltre che rivoluzionario, se la giunta regionale avesse invertito le percentuali destinando la maggior parte della linea di costa a spiagge libere, così, invece, si è voluto non solo salvaguardare lo status quo ma addirittura aprire ulteriori varchi alla speculazione. Non credo sia questo il modo migliore per tutelare il paesaggio e l’ecosistema marino-costiero che avrebbe bisogno di ben altre e più coraggiose decisioni come quella di obbligare i concessionari ad evitare ogni forma di recinzione e di garantire adeguati varchi per l’accesso al mare in ogni litorale, e nel contempo garantendo ai comuni le risorse necessarie per bonificare e gestire le spiagge libere. Anche il Comune di Napoli non fa molto per garantire ai propri cittadini la fruibilità del mare, ed ogni anno, puntualmente, esplode la polemica contro i prezzi sempre più alti nei lidi privati e per il numero chiuso negli arenili di Posillipo, mentre l'erosione costiera riduce sempre più le spiagge e diventa quasi impossibile trovare uno spazio dove poter liberamente e gratuitamente sdraiarsi a prendere il sole. Insomma, anche in una città con una linea di costa lunga 20 km, da La Pietra (Pozzuoli) a Pietrarsa (Portici), non puoi, in estate, svegliarti al mattino e liberamente decidere di andare al mare se non lo hai organizzato con largo anticipo anche quando rassegnato decidi di farti “spellare” dai privati. La capienza delle spiagge fruibili dai cittadini è di poche centinaia di posti, che si devono prenotare attraverso il sito del comune, a fronte di una popolazione di quasi un milione di persone, e poi ci sono le spiagge inaccessibili il cui utilizzo è legato alla necessità di procedere con adeguate bonifiche. Discorso a parte merita il litorale di Bagnoli, sul quale incide pesantemente tutto il capitolo delle bonifiche mancate, mentre per le spiagge di San Giovanni a Teduccio anche l’anno scorso, la giunta Manfredi, attraverso le parole dell’ex assessore Paolo Mancuso, prese un anno fa l’impegno di restituire questo tratto di costa alla città per la balneazione, ma ad oggi non si registra alcun provvedimento. Se ne riparlerà nell’imminenza della prossima stagione estiva quando scoppieranno di nuovo le polemiche. Il comparto balneare non ha mai messo in moto nella città di Napoli una vera economia turistica come dovrebbe nonostante la lunga costa cittadina bagnata dal mare, né il sistema registra, fatto salvo per quelle che resistono con enormi difficoltà all’interno del porto, altre attività legate al mare e contemplate nella blue economy che è uno dei settori che nel mondo registra una grossa crescita. Occorre, allora, immaginare un modello alternativo di gestione delle spiagge, frutto di una partecipazione e un confronto tra tutti i portatori di interesse, primi tra tutti i cittadini di Napoli. Un modello di fruibilità che tenga conto del principio che il mare e le spiagge sono di tutti, che non è più accettabile una privatizzazione di gran parte dell’arenile e di sostanziale abbandono dei tratti di arenile ancora liberi come a San Giovanni, che si possa tornare ad avere una piena visibilità e accessibilità delle spiagge da parte dei cittadini, che siano finalmente rispettate e fatte rispettare le leggi. L’auspicio è che quest’anno non si registrino, così come è accaduto lo scorso anno, proteste di cittadini e turisti per "il mare negato" e per le difficoltà incontrate per accedere al mare di Napoli. Il Comune deve attrezzarsi per tempo così come faranno tanti centri turistici che possono vantare un mare come quello di Napoli.