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Politica senza idee e Sud ancora più giù

Opinionista: 

Se fosse dipeso dal Governo, cosa sarebbe stata la celebrazione della Repubblica se non un’allegra “esibizione” dei suoi principali esponenti? I due Vice premier, nonché ministri, si sono “prodotti” nei modi “goliardici” che a loro piacciono di più: Salvini in una pioggia di selfies con tante mani protese verso di lui per essere strette o almeno toccate; Di Maio con il consueto sorriso di plastica stampato in faccia, elegante come un damerino che distribuisce sguardi di “felicità” (ma da dove proveniva?). Quasi messo da parte, oscurato dai suoi “dioscuri” finti protettori, il premier Conte recupera un po’ di scena percorrendo a piedi il tratto Fori imperiali- piazza Venezia. Tutto incupito in sé, invece, il ministro Tria che non riesce a togliersi di dosso il fiato inclemente della Commissione europea. Scrive lettere di cui non si sa quale è l’originale e quale di una “manina dispettosa”. Possibile che dovrà stabilirlo la Procura della Repubblica? *** UNA CONVERSIONE. Errore, però, pensare che questo “due Giugno” non sia stato diverso dai 72 che lo hanno preceduto. Qualcosa di nuovo “sotto il sole” dei giardini quirinaleschi si è verificato e riguarda proprio i due Vice, ognuno “ineffabile” a modo suo. Pensiamo: per ben due volte -2013 e 2016- Matteo Salvini sbotta: ”Non capisco cosa c’è da festeggiare con 4 milioni di italiani disoccupati, 1 milione e mezzo di bambini sotto la soglia della povertà. C’è poco da fare parate e sventolio di bandiere, ma soldi da recuperare”. Sembrava addirittura che il due giugno, come giorno, sul calendario si dovesse saltare. A sua volta Luigi Di Maio, invasato dal “successo elettorale” del 4 marzo 2018, volendo diventare direttamente il “capo” dei ministri (un “naturale passaggio” da casa sua al vertice di Palazzo Chigi, tanto che differenza c’è?) ostenta forza muscolare e chiede l’impeachment per il presidente Mattarella. Pensiamo: Salvini è adesso fra i primi ad arrivare nei “giardini della festa” (ha percorso la via di Damasco?); Di Maio lo segue a ruota per non perdere la fila più vicina al Presidente che oggi definisce un “padre saggio” cui si ricorre nei momenti (e non sono pochi) di difficoltà. *** COSTITUZIONE NON AGGIRABILE. I suoi valori e principi sono punti fermi. Il presidente Mattarella trova i toni giusti per ribadire che libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta conflitti e crea opposizioni dissennate fra le identità (a questo punto che avrà fatto il “capitano leghista”: avrà tirato fuori dal taschino un crocifisso di madreperla e lo avrà ripetutamente baciato, oppure si sarà girato fra le mani i grani di un rosario?). E il capo dei Cinque Stelle? Avrà pensato che è in una botte di ferro e non ha niente da rimproverarsi dopo che la piattaforma Rousseau gli ha tributato un “successo unico al mondo” come da solo si è detto? Il Presidente non ha mancato di tirare le orecchie “a chi limita il pluralismo”. Ne sa qualcosa chi vorrebbe togliere la pubblicità di Stato ai giornali che non gli sono amici? Purtroppo sembra proprio che non basti un “due Giugno” a riportare sulla dantesca “dritta via” chi non sa cosa siano il senno e la ragione. *** UN GOVERNO DI NEMICI. Ma come fanno a stare insieme al tavolo ministeriale di Palazzo Chigi? E quando stanno riuniti, pensano ai problemi del Paese oppure ognuno di loro, a cominciare dai due Vice premier, studia a come sgambettare gli altri e succhiargli un po’ di voti? Il tasso di litigiosità è sempre più alto non solo fra i partiti, ma anche al loro interno. Un primato, da questo profilo, è proprio nel Mezzogiorno. Salvini ha vinto le europee: a Napoli e in Campania ha già due partiti da tenere faticosamente insieme, uno del neo deputato Gianluca Cantalamessa e uno di Pina Castiello sottosegretario per il Sud. Ognuno invoca il congresso per “asfaltare” l’altro. Per i 5 Stelle va perfino peggio: Carla Ruocco (presiede la Commissione Finanze della Camera) attacca frontalmente Di Maio perché “non si resta al Governo a tutti i costi”, mentre Di Maio accusa Roberto Fico, presidente della Camera, di volersi alleare col Pd. Non sono pochi, del resto, i grillini che rinfacciano al “capo” il tracollo perfino a Pomigliano (dal 65 per cento a poco più del 4O). Solo colpa del maltempo o perché sono molti i delusi del reddito di cittadinanza? Acque agitate anche in Forza Italia: il “Caimano” non tiene più a bada le divergenti anime partenopee. Esponenti come la Carfagna e Mastella chiedono lo scioglimento del “cerchio magico”, che la Pascale non si intrighi di politica e che per la Presidenza della Regione si facciano le primarie. La Campania è speculare a tutto il Meridione, specie la Sicilia. Con forze politiche così scombinate, come si può impedire che il Sud continui ad arretrare? *** UN CONTE NON BASTA. Il presidente del Consiglio, nativo foggiano, non ce la fa a risollevare la condizione meridionale e a rilanciare una “questione” che è “storica” perché appartiene sempre più al passato e sempre meno al presente. Non gli bastano, a incoraggiarlo, il gradimento degli italiani che si mantiene alto nonostante tutto, né le espressioni elogiative che Papa Francesco non gli ha lesinato. Ogni ora, per il premier, è una pena. Lui dice: si può andare avanti, ma se con dignità (quanta fin qui il Governo ne ha perduta?). Si parla di un suo prossimo viaggio: all’estero (Giappone)? oppure da Roma a Roma per raggiungere il Quirinale e presentare le dimissioni?