Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Prendersi cura della salute: il rapporto medico-paziente

Opinionista: 

Approcciare le cose che riguardano la nostra vita, il nostro impegno, l’insieme dei nostri interessi con competenza, con attenzione, con amore. È questo un modo di approcciare le cose che certamente può migliorare i risultati e migliorare la società. Prendersi cura: - di se stesso per la salute psichica e fisica, - della propria cultura, delle proprie conoscenze, delle proprie relazioni; - della famiglia: della mamma, del papà, dei fratelli, dei figli, del consorte, della organizzazione burocratica e funzionale della famiglia, anche come azienda; - del lavoro che si svolge; - del lavoro di docente (è di un valore enorme insegnare, arricchendo i discenti di conoscenza, ma, innanzitutto di potenzialità per affrontare la vita con equilibrio, amando la vita, d’accordo con la famiglia, superando il contrasto storico creatosi); - come sacerdote, cercando di essere testimonianza del Vangelo con vicinanza, compassione e tenerezza; - col proprio impegno sociale (sviluppando animazione della società, essendo lievito nella società e offrendo contributo notevole per le persone più deboli, più fragili); - col proprio impegno nel politico, facendo il sindaco o l’assessore o altro, amando la comunità da servire; - col proprio impegno nella funzione burocratica, facendo il prefetto o il dirigente comunale o altro con amore, dedizione e vicinanza. A proposito di atteggiamento della comunità nei riguardi dei propri componenti, mi fa piacere riportare questa nota: uno studente domandò alla grande antropologa Margaret Mead (Stati Uniti 1901- 1978) quale fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente riteneva che Mead indicasse ami, pentole di terracotta o macine di pietra. La risposta fu altra cosa. La Mead disse che in una cultura antica e primordiale il primo segno di civiltà è stato un femore rotto e poi consolidato e guarito. Mead chiarì che, nel mondo primordiale, chi si fratturava un arto inferiore moriva. Una persona con frattura di collo femore aveva bisogno di assistenza, di essere tutelata, doveva essere aiutata per mangiare e bere fino alla consolidazione dell’osso. Quindi, in termini antropologici, una comunità diviene civile, quando aiuta gli abbisognevoli, i fragili, quelli che nella società efficientista vengono ritenuti scarti da eliminare o persone da trascurare, perché con loro si perde tempo. Detto questo, fondato su valutazioni antropologiche, un popolo civile si prende cura dei fragili, dei deboli, dei sofferenti, degli ammalati, di chi non è autonomo e da questo atteggiamento scaturiscono programmi sociali, di assistenza, di amori importanti. Una comunità è civile, quando si prende cura delle sue componenti ed, in particolare, dei più fragili. Importantissimo è il prendersi cura nell’ambito della salute. Nel campo della salute assistere i sofferenti e curarli è un’arte. Riporto di seguito una bella valutazione di Florence Nightingale (Firenze, 12 maggio 1820 – Londra, 13 agosto 1910) detta "la signora con la lanterna". “L’assistenza è un’arte; e, se deve essere realizzata come un’arte, richiede una devozione totale e una dura preparazione, come per qualunque opera di pittore o scultore. Con la differenza che non si ha ma che fare con una tela o un gelido marmo, ma con il corpo umano, il tempio dello spirito di Dio. È una delle Belle Arti. Anzi la più bella delle Arti Belle”. Ma, il prendersi cura, specialmente nella problematica della salute, non è un fatto scontato. È un fatto di cultura, di preparazione, di formazione intima e di organizzazione, in cui si inquadra anche il rapporto medico-paziente. Affrontiamo ora il prendersi cura nel mondo della salute. La Medicina è una realtà sociale, professionale, politico-istituzionale, è un mondo di afflato. Il rapporto medico -paziente deve essere visto anche come rapporto fra struttura curante e paziente. Compito della Medicina è: prevenire, curare, riabilitare. C’è una interpretazione varia della Medicina, secondo alcuni è: - un fatto tecnico scientifico. Ci sono di fronte un esperto nella materia ed un cittadino cliente con organi ammalati; - un fatto economico per il quale bisogna fare i conti con il bilancio dello Stato, delle Regioni, delle Aziende sanitarie, delle Aziende ospedaliere. Il paziente, in sostanza, è un costo. Invece si può intendere la Medicina come servizio fatto con cervello, con passione, amore, con dedizione, con attenzione giusta e doverosa alla economia, in cui il medico e gli operatori sanitari vivono il loro servizio come un impegno appassionato, di dedizione. Con questa visione ci sono di fronte: - una persona che ama la professione e approccia l’interlocutore con competenza, con amicizia, con spirito di servizio, con interesse; - una persona ammalata, che soffre, che chiede aiuto, che vuole essere ascoltata e capita, che si vuole affidare, che vuole essere presa in carico. Nella Medicina c’è un incontro fra “una fiducia ed una coscienza”. Intanto il mondo della medicina sta vivendo situazioni varie: - finanziamenti sempre minori (meno del 6,1 % del Pil – è pochissimo). La cifra più bassa fra i Paesi del G7, molto al di sotto della media europea dell’11,3%; - per recuperare il gap esistente con altre Nazioni - note dell’Anaao - sarebbe necessario un incremento annuo del Fondo sanitario nazionale di 10 miliardi( - mancano 20.000 medici - mancano 80.000 infermieri - costi sempre maggiori - esigenza di prestazioni nuove - medicina difensiva (avvocati disonesti e cause impostate sul nulla). In questo quadro si ritiene e noi riteniamo che la Medicina migliore sia quella umana, che ha queste caratteristiche: - competenza, conoscenza della materia, conoscenza delle novità che migliorano e facilitano le tecniche per l’approccio e lo studio del paziente e che consentono di progettare il percorso terapeutico e riabilitativo; - amore (per la propria professione, per la propria attività, per il proprio interlocutore che chiede assistenza). Per poter realizzare questo modello di Medicina umana e di umanizzazione delle cure e di buon rapporto medico-paziente non basta l’opera, la formazione e la disponibilità del medico, è importantissima l’opera della struttura, in cui e con cui opera il medico. Alla luce di quanto detto bisogna guardare con obiettività al Servizio sanitario nazionale, fare analisi e prospettare miglioramenti ed adeguamenti all’epoca che viviamo ed alle situazioni che viviamo, affinchè funzioni bene e si possa veramente realizzare una umanizzazione delle cure. Il medico di famiglia che ama la sua professione e che ha nel suo cuore e nella sua mente il prendersi cura può agire molto utilmente e positivamente in relazione a: inizio vita, momenti difficili nella gravidanza, cultura della vita, cultura per tutelare ed accompagnare il fine vita, la cura della famiglia anche per lottare l’inverno demografico.

* Presidente nazionale del Forum