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Processo alla città sempre più invivibile

Opinionista: 

Con tutto il rispetto di chi sgobba per questa città -dal sindaco, anche se non gli riesce di governarla come vorrebbe, all’ultimo oscuro servitore- spiace dirlo ma Napoli è invivibile. Malgrado si tenti l’impossibile per offrirne un’ idea diversa, addirittura di risveglio, lo scenario complessivo è di cronica precarietà. Manca purtroppo un vero progetto di città, capace di far sognare un futuro di certezze. Da anni si vive e si discetta solo di copertine. In realtà i capitoli o mancano o sono incompiuti: da Bagnoli a Napoli Est. Non si fa altro che parlare senza concludere un bel nulla. Mentre in questi anni, altrove, si è studiato un “brand”, cui far corrispondere un moderno e avanzato progetto urbano, da noi c’è stata solo una spregiudicata stratificazione di velleità, senza prospettive. La conferma sta nella cronica, rissosa inconcludenza su qualunque argomento si tocchi, come dimostra anche la recente disputa su “NAlbero di Natale”, segno di un nervo scoperto, di una inquietudine diffusa per un presente critico e un futuro fumoso. Di giorno v’è una dannazione urbana di un terziario, che deve campare, cercando di farsi strada in una delle mobilità più assurde del pianeta -lo dicono anche gli ultimi dati- in un tessuto urbano privo di trasporti, intasato da auto e ingolfato da microeconomie ingovernabili e senza regole. Si ha voglia di dire, come fanno molti artisti in visita a Napoli, che il caos è la sua irresistibile attrazione, e che senza il caos non potrebbero amarla così tanto. Provino “lorsignori” a condividere per pochi giorni la vita del napoletano comune, costretto a vivere in questa giungla, a trasferirsi qui, siamo certi che manderebbero, non una, ma più volte a quel paese il Golfo e i suoi abitanti. Non parliamo poi della notte: una giungla. Dovunque in ogni angolo di città dilagano i “baretti”, senza alcuna rispetto ambientale e di sostenibilità. Una volta si valutavano le compatibilità dei luoghi rispetto alle vocazioni da promuovere, oggi è tutto destinato a essere convogliato in un grande contenitore senza alcuna controindicazione. Con la scusa di sostenere le nostre fragili economie, si è concesso di tutto e si è compromessa anche la libertà del cittadino: che altro è la movida selvaggia se non questo? Per carità, in un contesto urbano come il nostro, dove trovare un lavoro decente, ripetiamo decente, è una vincita al lotto, nessuno si sogna di voler reprimere e tarpare le ali della iniziativa ma c’è un limite al di là del quale “l’occupazione” della città crea affollamenti bestiali. Napoli, se vuole un futuro, deve recuperare subito la sua fondamentale funzione residenziale -la più comune tra quelle urbane, diceva Compagna- oggi la più degradata oltre i limiti del sopportabile: dalle periferie al centro. È questa l’unica grande sfida che può restituirle vivibilità e chiama a maggiori responsabilità e le classi “dirigenti” e quelle “dirette”. Aspettiamo, con fiducia, segnali di svolta. Anche dai promessi comandamenti della “movida civile”.