Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Quella dirigente scolastica che delegittima il Governo

Opinionista: 

È segno dei tempi quanto è accaduto a seguito delle dichiarazioni del ministro dell’Istruzione e del merito, come oggi si chiama il Ministero della Pubblica Istruzione La dirigente scolastica – così oggi si chiamano i vecchi presidi – del liceo Leonardo da Vinci di Firenze, dinanzi ad un pestaggio avvenuto innanzi ad altro liceo della stessa città, ha evocato il Fascismo, e non per semplice antonomasia, no proprio l’imminenza del suo ritorno in carne ed ossa. Ha usato frasi forti, che ovviamente valicavano l’episodio circoscritto di esaltati e facinorosi sempre e per sempre esistenti in ogni Paese, di tradizioni destrorse o sinistrorse che siano. Ha usato espressioni testuali di questo tipo: «chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così». Sono evidentemente espressioni implicanti, che vanno ben al di là dell’episodio di bruta e sciocca violenza. Le allusioni – che provengono da una dirigente scolastica di oggettiva estrazione Pd – vogliono stigmatizzare la linea politica dell’attuale coalizione di governo, nella quale figurano certamente cultori delle frontiere, non direi altrettanto custodi del sangue degli avi; anche se, per la verità, di muri alzati non c’è traccia. Il problema è che questo estendere il singolo episodio, usando espressioni configuranti categorie che s’attagliano ad alcune linee del programma politico proprio di forze della coalizione che regge il Governo presieduto dall’onorevole Meloni, costituisce un artificio retorico alquanto banale e sinceramente privo d’ogni fondamento storico. Il “disgustoso rigurgito” al quale allude la dirigente scolastica, che addirittura equivarrebbe a quanto accadeva in Italia in reazione all’occupazione delle fabbriche che si verificò durante il biennio rosso del 1919-1921, un biennio sottovalutato dall’élite liberale e che portò all’incarico di governo per Benito Mussolini, beh quel rigurgito vale a dire che quanto c’è al Governo oggi, evoca le squadracce fasciste che avviarono l’esperienza del Ventennio. Certo, l’avveduta Dirigente non l’ha detto esplicitamente: non ha detto che il governo in carica sia un Governo fascista. È difficile credere che quattro inqualificabili violenti – ce ne sono e ce ne saranno sempre, a destra e a sinistra, inutile ripeterlo – siano stati l’oggetto degli strali della preside: lei ha richiamato la storia del fascismo di cento anni fa, dunque, ha inteso estendere il contesto ad una dimensione assai più ampia del singolo episodio: ha inteso evocare l’esperienza d’un intero regime politico. Non sono affermazioni da poco. In Italia esiste ancora la legge Scelba e la XII disposizione transitoria della Costituzione, che vietano e sanzionano la ricostituzione del partito fascista. Allusioni di tal fatta non sono uno scherzo da bar, ma possono costituire, se non contrastate, ragione per avviare procedure giuridiche e politiche tutt’altro che trascurabili (anche di questo c’è memoria nella storia del nostro Paese). Orbene, dinanzi a simili affermazioni – contenute in una epistola inviata dalla dirigente scolastica ai propri studenti, sorta di rediviva lettera pastorale – il ministro dell’Istruzione e del Merito in carica ha osservato che non compete ad un dirigente scolastico diramare simili circolari d’ortodossia. Ha osservato che la difesa delle frontiere non ha da vedere con il Fascismo e si è riservato di valutare se assumere iniziative. Insomma, ha detto che da parte della Dirigente scolastica s’è esagerato e che forse s’è anche strumentalizzato un episodio circoscritto, che peraltro non riguardava la propria istituzione scolastica. Ha fatto cioè il ministro della Pubblica Istruzione (e del merito non so). Apriti cielo. Il Fascismo è stato visto alle porte e le dimissioni del capo del Dicastero sono state richieste a gran voce, essendo stata conculcata la libertà d’espressione. A parte che non è questione di libertà d’espressione, ma di valutazione di una lettera pastorale inviata dalla dirigente scolastica ai propri studenti, non si comprende come sia mai possibile che un ministro dell’Istruzione non possa esprimere una valutazione su dirigenti sottoposti alla sua gerarchia, mentre costoro possano fare ciò che più loro aggradi. Un certo capovolgimento dei rapporti mi pare si sia ormai verificato. Di regola, quando si fa parte d’un apparato organizzativo – e la pubblica amministrazione tale è – devono rispettarsi ruoli e regole: a parte i professori universitari che per antico (ed largamente immeritato) privilegio non sono tenuti al giuramento di fedeltà alla Repubblica, ogni dipendente pubblico non è un libero pensatore, ma svolge un ruolo, funzionale all’organizzazione cui appartiene: non può in altri termini fare il detrattore. Meno che mai un dirigente, che esprime la voce dello Stato, può parlare in modo che s’intenda il suo dire quale critica radicale al Governo in carica. Fondate o infondate che fossero state le affermazioni della dirigente fiorentina – ed a mio avviso sono a dir poco prive di senso storico – lei è una dirigente dello Stato e non può permettersi di, anche solo lontanamente, delegittimare il Governo in carica, come certamente fa chi esorta a non sottovalutare il singolo episodio, evocando anacronistici scenari, pronosticandone la riproduzione nel contesto attual