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Quelle scissioni senza troppa idealità

Opinionista: 

Un In una sostanziale assenza di contendenti, il Pd continua a celebrare le sue polemiche, le sue sconfitte, i suoi successi. L’attenzione mediatica del Paese resta, da anni, ancorata a quel che succede in quel perimetro politico, anche perché Presidenza della Repubblica e del Consiglio, una serie infinita di ministri, di presidenti di Commissione parlamentare, di governatori e sindaci, di nomine di ogni genere e tipo passano per quei canali. Non ci sono certezze su quanto succederà nelle prossime ore, in vista della Direzione politica del partito. Ma appare, ormai chiaro che una piccola fetta del Pd farà le valigie verso un nuovo soggetto politico, fedele al governo Gentiloni, destinato a dialogare rapidamente con Campo Progressista di Pisapia, con Rifondazione Comunista di Ferrero, con chi entra e chi esce da Sinistra Italiana e, magari, anche con de Magistris e il suo movimento. Non è certamente il caso di interrogarsi sui motivi politici della scissione nel Pd. Non ci sono, certo, idealità in discussione, tutto è incentrato sui modi e sui tempi della conduzione del partito, ma non è il caso di scaldarsi. Anche nel 2007, quando nacque il Partito democratico, nella fusione fredda tra Margherita e Democratici di sinistra, la sintesi fu un’espressione di sostanziale convenienza politica più che una autentica convergenza di robuste idealità. E questi anni difficili, solcati dalla composizione e scomposizione di decine di correnti, dai flop presidenziali di Marini e Prodi, quest’ultimo legato alla ferita mai richiusa dei cento franchi tiratori, dalle dimissioni di Bersani, dalle larghe intese di Enrico Letta, dal vivace ingresso di Matteo Renzi alla guida del partito, dalla sconfitta referendaria, sono i capitoli di una storia tormentata che riserva ancora sicuramente ulteriori sorprese. Il vero problema, all’interno del Pd e dell’intera Sinistra, resta quest’ arcipelago di forze politiche, di sigle, di presunte leadership, di azionariati di controllo, protagonista di una battaglia infinita, eternamente a caccia di una visibilità che non può, oggettivamente, appartenere a tutti, che vuol far pesare costantemente il prezzo delle sue scelte. È un mondo difficile da comprendere, da decifrare, da decriptare, oggi. In una società assolutamente disattenta che ha messo al bando ogni ideologia per rifugiarsi nel quotidiano della propria famiglia, del proprio lavoro, della propria vita. Disponibile solo alla semplificazione del quadro politico e ad ascoltare, giorno dopo giorno, il linguaggio della verità, lontano da qualsiasi, inarrivabile promessa. Parlare direttamente alla gente, senza l’intermediazione dei media, magari con l’autostrada dei social. È stata la strada che ha portato Trump alla Casa Bianca, fu quella che portò Renzi e il Pd al famoso 40%. Scenari che fanno riflettere. Verso i difficili passi di un’Italia disposta ancora ad aggrapparsi a chiunque sia in grado di cambiarne il problematico destino.