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Riforma indispensabile, ma vogliamo deciderci?

Opinionista: 

Cari amici lettori, lasciamo da parte per una settimana il business dell’invasione musulmana agevolata dalle Ong e occupiamoci del problema altrettanto grave (e in qualche modo collegato) dell’amministrazione dell’ingiustizia. Io, al momento, mi trovo nell’isola d’Ischia per una breve vacanza e, quindi, ho occasione di leggere anche la stampa locale. Sono stato, quindi, diffusamente informato delle vicende dei magistrati che amministravano la giustizia sull’isola. Ho trovato sconvolgente che ne siano stati arrestati due, quello in carica e quello che lo aveva preceduto, perché accusati di gravi delitti contro la pubblica amministrazione. I media nazionali, intanto, riportavano gli ultimi sviluppi dello scandalo Palamara, giunto a coinvolgere persino la seconda carica dell’ordinamento giudiziario, il Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione, costretto a chiedere il pensionamento anticipato. La ciliegina sulla torta è costituita dalle polemiche sul comportamento della magistrata girgentina che ha motivato in maniera per nulla condivisibile il rigetto della strana richiesta cautelare formulata dal pm nei confronti della ricca capitana tedesca in guerra contro l’Italia. Io ho dedicato oltre cinquant’anni della mia via vita all’amministrazione della Giustizia, che ho sempre considerato una missione, e sono disgustato e inorridito per tutto quanto sta accadendo. Ne sono anche addolorato per i tanti colleghi ancora in servizio, che, pur operando con coscienza e serietà, vedono incolpevolmente il loro prestigio crollato, con quella dell’intera categoria, a causa della melma dilagante. Non posso che dissentire, quindi, dalle minimizzazioni in atto. Mi delude, in primis, il Presidente della Repubblica che, come Presidente del Csm, non può limitarsi a deplorare l’accaduto e auspicare un nuovo corso. Chiacchiere! Null’altro che chiacchiere, come al solito! La riforma, invece, è estremamente urgente. Non ci prendiamo in giro: non ci sono i cattivi, i seguaci di Palamara, e i buoni, tutti gli altri. Io non escludo, ovviamente, che fra i membri togati dell’attuale Consiglio possa esserci qualche togato con la T maiuscola. È un fatto, però, che l’attuale sistema di scelta dei consiglieri, con le correnti e tutto il resto, non sia fatto per selezionare i magistrati migliori. Allo stesso modo, come suggerisce il caso del Procuratore Generale sulla via della pensione, i metodi nella scelta dei Capi degli Uffici non sono ottimali. Non c’è tempo da perdere, se n’è già gettato via fin troppo. Una riforma, che abbia qualche significato, richiede verosimilmente interventi di natura costituzionale con tutti i relativi e non facili passaggi. Io temo che l’abolizione del Csm sia l’unica strada da imboccare per uscire da questo pantano. Anche una soluzione minimale, però, dovrebbe certamente comportare la separazione delle carriere, equiparando l’ordine degli accusatori a quello dei difensori. Una riforma, anche questa, che richiederebbe giuristi del livello di quelli che, nel 1940, scrissero i codici. La nostra storia recente pullula di pessime riforme in ogni campo e soltanto la speranza, ultima dea dei Romani e virtù teologale per i cattolici, può bilanciare il rischio che nuove invenzioni non riescano nella missione impossibile di peggiorare il sistema attuale. Eppure, come avverte il proverbio, chi non risica non rosica; effettivamente, poi, il peggioramento di questo sfascio è un’ipotesi fantascientifica, anzi fantagiuridica. Non dimentichiamo l’altro problema, quello delle mele marce, che da qualche tempo sono un po’ troppe per essere considerate un accidente fisiologico. Non si deve aspettare che il ladro entri dalla finestra aperta per sparargli. È molto meglio sprangare ogni apertura per impedirgli di entrare. Questa si chiama vigilanza. Qualcosa che evidentemente è mancata o è stata insufficiente. A difesa del sistema possiamo dire che un livello non insignificante di disonestà è un fenomeno recente, anche se non del tutto imprevedibile. In passato non sono mancati magistrati perseguiti ed anche arrestati, spesso spinti al suicidio o alla morte. Si trattava tuttavia, nella maggior parte dei casi, d’ingiuste persecuzioni, attuate con lo sfruttamento del sistema dei pentiti. Ne ho scritto, indicando nomi e cognomi delle vittime. Oggi, purtroppo, alle facili calunnie dei criminali collaboranti si sono sostituite le devastanti intercettazioni dei “trojan” che fotografano realtà difficilmente contestabili. Vigilare, allora, e intervenire tempestivamente, prima che l’irregolarità assurga a sistema. Sul fronte opposto, perseguire chi emetta deliberatamente provvedimenti difformi dalle leggi. Non dimentichiamo che le leggi, per la nostra Costituzione, sono l’unica autorità alla quale i giudici sono sottoposti: violarla non rientra nella loro indipendenza.