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Ripartire con sicurezza senza aspettare il Nord

Opinionista: 

Nell’ultimo report della Svimez l’impatto del Coronavirus sulla economia nazionale viene definito come uno schock sistemico di origine esogeno senza precedenti e paragonabile per dimensione alla crisi del 2008. L’analisi dell’Istituto prevede una perdita di oltre 47 miliardi al mese, come costo del cosiddetto lockdown italiano, ovvero del fermo di tutte le attività non essenziali, meglio sarebbe dire non emergenziali. Di questi 47,37 miliardi graverebbero sul Centronord e “solo” 10 sul sistema produttivo del Meridione. Del resto la valutazione che discende da una analisi puntuale con riferimenti macroeconomici sistemici, è coerente anche con la empirica osservazione che, da una parte, la incidenza epidemica è stata molto più forte al Nord e dall’altro che proprio al Nord si è paralizzato una parte mastodontica dell’apparato produttivo del Paese. Ma a questa analisi segue una altra rilevazione, più preoccupante, per il Sud sotto il profilo delle conseguenze future e dello sviluppo della crisi, perché se da un parte va considerato che l’impatto delle misure predisposte dal Governo nel medio termine avranno una ricaduta notevole nel Nord dove troverà un forte assorbimento sia la erogazione dalla Cig, ordinaria e straordinaria, sia l’utilizzazione ottimale del credito commisurato agli utili degli anni precedenti, dall’altra parte queste misure potranno esplicare i loro effetti con oggettiva minore efficacia nel meridione. A questa riflessione conduce anche la previsione di uno studio della Svimez su un campione di imprese con fatturato inferiore a 800mila euro, che evidenzia che il grado di indebitamento e redditività, portano a stimare una probabilità di uscita dal mercato delle imprese meridionali 4 volte superiore a quelle del Centronord. Cosicchè è facile dedurre che, se l’impatto nell’immediato dell’emergenza è maggiore sulla economia settentrionale, sul lungo periodo graverà molto di più sul Sud finendo con aumentare il divario. Di fronte a questa analisi fredda ma lucida non si può restare fermi ad aspettare la fine della epidemia restando chiusi in casa e paralizzati sotto il profilo della produttività. Non c’è dubbio che la salute resta la priorità assoluta da garantire ai cittadini, ma questo obiettivo non si consegue solo con politiche restrittive passive restando in attesa che il virus esaurisca definitivamente il suo percorso epidemico. Specialmente se nelle nostre regioni, rispetto a quelle del Nord, i numeri del contagio e dei ricoveri sono assolutamente non paragonabili. Eppure ciò nonostante ecco che la Regione Veneto sta avviando, non solo una forte politica aggressiva nei confronti del virus con lo scopo di isolarlo e contenerne definitivamente gli effetti, ma anche una decisa programmazione sul versante della ripresa delle attività produttive. Ecco perché, per salvare il futuro della Regione Campania, occorre una radicale svolta di approccio alla crisi! Non più solo passività ma forte, anche se accorta e graduale, attività che rimetta in moto quelle strutture che saranno essenziali per la completa ripresa. Ma questo subito, se possibile prima degli altri, perché ci sono settori che certamente possono ricominciare con garanzia di piena sicurezza per i lavoratori e per i cittadini. Penso ai lavori pubblici (a Milano è ripreso il lavoro per la metropolitana), alle strade da rifare o da completare, e questo sarebbe proprio il momento migliore per lavorare vista la totale assenza di traffico, ed anche perché no ai cantieri di edilizia privata dove esiste la figura dell’ingegnere responsabile della sicurezza. Penso agli artigiani in grado di lavorare da soli in sicurezza nei loro laboratori. Così come è necessario autorizzare tutto il settore balneare a cominciare l’allestimento delle strutture mobili che certamente potranno essere aperte nella prossima estate e prevedere già le possibili varianti organizzative degli spazi e degli accessi degli stabilimenti. Questo sarà sicuramente il primo settore turistico che potrà fare da traino agli altri. Penso alla ripresa della Fiat di Pomigliano e ugualmente alla Alenia, e alla industria aeronautica e componentistica, e penso anche alla cantieristica nautica che per loro natura sono luoghi di lavoro che hanno già un responsabile della sicurezza e possono essere soggetti ad ispezioni e prescrizioni dell’Inail. Insomma dobbiamo trasformare la fortuna di poter controllare o convivere come si dice oggi con il virus prima delle altre regioni del Nord più in ritardo, per salvare i nostri posti di lavoro e limitare la perdita del Pil previsto all’8% e dare una mano al paese come retrovia produttiva. De Luca e De Magistris smettano di rincorrersi nella gara dello sceriffo e del buon samaritano, e mettano in gioco le professionalità della Regione e del Comune per garantire la sicurezza per ripartire subito sul piano produttivo senza aspettare i tempi lunghi delle regioni del Nord.