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Rosso pompeiano o cave custodem

Opinionista: 

Caro Direttore, vorrei aggiungere qualche mia riflessione tra il faceto e il serio sulla questione - cui il suo giornale ha dato ampio risalto - dell'assemblea sindacale dei custodi di Pompei che ha lasciato sgomenti, sotto il sole cocente e fuori dai cancelli dei siti archeologici vesuviani migliaia di visitatori. Ormai i custodi dei nostri siti hanno assunto una notorietà planetaria. Sono oggetto di una letteratura così vasta che in una ricerca in rete la voce “custode di Pompei” supera di gran lunga gli accessi della voce “angelo custode”. E non si tratta certo di buona fama. Dagli Uffizi al Colosseo, dalla Reggia di Caserta a Pompei è tutto un susseguirsi di articoli di cronaca che riportano la voce scandalizzata di ministri, sovrintendenti, storici dell'arte, tour operator, turisti e opinionisti vari. Quando il ministro Franceschini delineò le quattro “mosse” per il rilancio del turismo (moltiplicazione dell'offerta, digitalizzazione, qualificazione dell'ospitalità, promozione dell'Italia come sistema Paese) dimenticò - ahimè! - la “mossa di karate” con la quale affrontare il corporativismo sindacale, vera pietra d'inciampo di ogni pia intenzione di valorizzazione dei nostri beni culturali. Ora, per l'ennesima volta, è tutto un fiorire di frasi fatte, come quelle di circostanza che si usano per dare le condoglianze. Si parla di “danno incalcolabile”, “distruzione dell'immagine turistica del Belpaese”, “appannaggio del ruolo del sindacato” e varie altre amenità. Ottone degli Ulivi, detto Zazà, interpretato dal grande Totò nel film “Signori si nasce” aggiungerebbe: “Cave canem, cave canem, in hoc signo vinces, est est est”. E sarebbe la frase meno scontata. Perché almeno - surrettiziamente - potrebbe indicarci una possibile soluzione. Ecco, al posto di “Cave canem” (la celeberrima scritta del mosaico pavimentale della Casa del Poeta Tragico), potremmo lanciare nel mondo un nuovo brand per Pompei: “Cave custodem”. Senza sprezzo del ridicolo otterremmo - ad un tempo - il duplice risultato di rendere edotto del pericolo il turista e trasformare una pessima e inqualificabile prassi sindacale in pittoresco slogan (“pittoresco” - lo dico per inciso - fu l'aggettivo usato a suo tempo da un noto artista e dai suoi epigoni radical chic per definire i cumuli d'immondizia che ammorbavano la città di Napoli). Il “coup de theatre” proposto non risolverebbe però il problema. È mai possibile che solo in Italia non si riesca a trovare una sintesi tra sicurezza dei luoghi, giusta retribuzione degli operatori e sacrosanti diritti dei turisti? Un interrogativo, questo, che, facendomi entrare nel merito delle questioni, mi fa però travalicare i limiti del mio intervento. Perché prima ancora del “merito”, per i “custodi sindacalizzati italici” si pone un problema di “metodo”. La categoria comprende, per intenderci, quelli che - oltre a giocare a carte nel cortile di un museo o a prendere il sole su una sua luminosa terrazza - sono i professionisti dello sciopero improvviso, dell'agitazione nel week-end e dell'assemblea sindacale domenicale (magari la mattina della prima domenica del mese, quella ad ingresso gratuito ai siti). In riferimento a costoro pongo - ricavandola dalla VI satira di Giovenale - l'antica domanda: “Quis custodiet custodes?”. Il poeta latino - come si ricorderà - attaccava i vizi e le depravazioni delle donne romane. Il dubbio che mi sorge è il seguente: davanti all'inqualificabile comportamento assunto dai sindacal-custodi ieri l'altro agli scavi di Pompei, qualche settimana fa alla Reggia di Caserta e mesi fa al Colosseo, c'è qualcuno che - oltre a censurare il fatto sul piano etico-moral-costumale via Twitter o agenzia di stampa - avvierà un'ispezione, uno straccio di provvedimento disciplinare, ipotizzerà (almeno l'ipotesi!) una qualche forma di sanzione? Altrimenti non mi resta che sognare (è solo un delirio onirico, per carità) che un'immaginifica colata di lava, cenere e lapilli piomba sulla prossima assemblea sindacale (si badi bene solo se convocata in un'assolata domenica mattina, senza preavviso, senza che vi fossero motivi di urgenza) e pietrifichi tutti i partecipanti. A distanza di duemila anni immagino il cartellino esplicativo del reperto: “Secolo XXI. Commovente calco in gesso di indefessi lavoratori”. Non sempre l'archeologia ci restituisce tutta la verità.